farmacista territoriale franciaLa prospettiva di una carriera in farmacia, in Francia, non sembra avere particolare appeal tra gli studenti. Secondo quanto riferito dal giornale Le Quotidien du Pharmacien – che cita i dati pubblicati dal sito L’Etudiant – nel 2016-2017 soltanto il 35% degli iscritti al corso di laurea ha scelto tale specializzazione. Una quota che risulta in netto calo rispetto all’anno predente, quando si era toccato il 60%. «Una decina di anni fa – prosegue il quotidiano transalpino – la specializzazione era la più richiesta tra gli studenti di farmacia.

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Ormai, invece, essa è agli stessi livelli di altre, in particolare quella industriale, che appaiono molto interessanti per chi si affaccia alla professione», ha sottolineato Mernard Muller, presidente della Conferenza dei rettori di farmacia. A pesare, poi, secondo il dirigente c’è il fatto che la farmacia territoriale attraversa una fase economica difficile, che viene vista con inquietudine. Al contrario, l’industria farmaceutica francese è «sinonimo di forti possibilità dal punto di vista occupazionale, salari alti, prospettive di crescita professionale, di funzioni manageriali, di imprenditoria e di carriere internazionali». Eppure, la farmacia territoriale francese potrebbe tornare a risultare attraente agli occhi degli studenti. Ciò grazie ad una riforma del ciclo di studi che potrebbe portare alla creazione di uno status di «interno» per chi sceglie tale percorso: esso consente al personale in formazione universitaria di passare un periodo di lavoro all’interno di un centro ospedaliero, un ambulatorio o altre strutture sanitarie, al fine di acquisire competenze cliniche.

Inoltre, i nuovi servizi che si apprestano ad entrare in farmacia, potrebbero contribuire a rendere quest’ultima più interessante. In Italia, come riportato ai propri lettori da FarmaciaVirtuale.it, si discute da tempo di numero chiuso: Fabio Romiti, vice presidente del Movimento Nazionale Liberi Farmacisti, ha osservato sulla questione che «ciclicamente si torna a parlare di numero chiuso o programmato per gli aspiranti farmacisti nelle università italiane, se ne parla come la “madre” di tutte le soluzioni al problema sempre crescente della disoccupazione nel settore». Ma in realtà, secondo il dirigente si tratta di risposte «vecchie, comode e prive di fantasia», poiché «il merito s’impone durante il corso di studi, non stabilendo a tavolino il numero di chi quel percorso lo deve fare».

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