«Più di 400 mila donne, soprattutto giovani, come conferma anche la ricerca del professor Carlo Foresta, hanno già fatto ricorso a ellaOne, principio attivo ulipristal, nota come la “pillola dei 5 giorni dopo”, dal 2015 in libera vendita in farmacia, senza però essere informate di come realmente funziona. Il foglietto informativo lo descrive come farmaco anti-ovulatorio, in grado quindi di impedire il concepimento, mentre il meccanismo d’azione prevalente è quello di impedire l’annidamento dell’embrione. La falsa informazione lede il diritto fondamentale della donna a essere correttamente informata per poter esprimere un consenso valido e, quindi, ne calpesta la libertà di scelta». E’ questo quanto evidenzia Bruno Mozzanega, ginecologo in Azienda ospedaliera, professore aggregato di Ginecologia al Bo e presidente della Società italiana procreazione responsabile, in un articolo pubblicato su Il Gazzettino, nella locale edizione di Padova.
Secondo Mozzanega infatti «quello a cui ellaOne impedisce di annidarsi è un embrione vivo, come riconosciuto esplicitamente dalla Corte europea di giustizia nel 2011, tutelato dalle leggi italiane sin dal suo primo istante di vita, che coincide col concepimento».
Il ginecologo riferisce anche che «l’Agenzia europea per i medicinali, l’Aifa e l’Oms sono al corrente del reale meccanismo d’azione, tuttavia presentano il farmaco come anti-ovulatorio. Il ministero della Salute, il Consiglio superiore di sanità, che ne è consulente tecnico, nel marzo 2015 ha risposto di “non poter escludere un’azione antinidatoria. Impedire l’annidamento è in contrasto con le leggi sopra citate e i principi a cui si ispirano”».
In un’intervista concessa a FarmaciaVirtuale.it, nel luglio del 2016, Mozzanega sottolineò la necessità, anche da parte dei farmacisti, di riscattare la possibilità dell’obiezione di coscienza relativa alla dispensazione di alcuni farmaci, come «Norlevo e dell’Ellaone. Oggi sono presentati come anti-ovulatori, ma in realtà proprio nei giorni più fertili non impediscono l’ovulazione, bensì la creazione del “terreno fertile” nell’utero, adeguato ad ospitare il concepito. Agiscono dunque in quanto post-concezionali».
Sebbene riferito ad altri contesti ed altre tipologie di farmaci, sulla vaghezza fu pubblicato uno studio dell’università di Bari, che, dopo aver analizzato i testi di alcuni foglietti illustrativi di medicinali commercializzati in Italia e nel Regno Unito, li giudicava troppo vaghi in alcuni passaggi.
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