Un farmacista della catena Walgreens, negli Stati Uniti, si è rifiutata di dispensare ad una cliente un medicinale abortivo, affermando che ciò contravviene ai suoi principi etici. Il fatto è avvenuto in Arizona ed è diventato “virale” sui social network dopo che, secondo quanto riportato dal New York Times, la donna ha deciso di raccontare la sua scelta su Facebook. La paziente si era recata nella farmacia chiedendo del misoprostolo, farmaco usato per indurre l’aborto, oltreché nella terapia dell’ulcera gastro-duodenale. Il farmacista, a quel punto, le ha chiesto se fosse incinta e, dopo la risposta affermativa della donna, si è rifiutato di dispensare il medicinale. «Sono uscita dalla farmacia Walgreens in lacrime – ha raccontato la cliente nel post -. Mi sono sentita umiliata da un uomo che non sa nulla delle mie sofferenze e che ha tuttavia ritenuto di avere il diritto di negarmi un farmaco che mi era stato prescritto dal medico». La CNBC ha reso noto che la donna si è quindi rivolta ad un’altra farmacia, presso la quale ha potuto ottenere il misoprostolo; alcuni giorni dopo, è stata visitata nuovamente dal suo medico, il quale le ha fatto sapere che il battito cardiaco del feto non era presente, e che pertanto si sarebbe dovuta attendere a breve un aborto.
In un comunicato, Walgreens ha affermato di aver contattato la paziente, e di essersi scusata per il modo in cui è stata gestita la sua situazione. La compagnia, tuttavia, ha sottolineato che il farmacista non ha violato alcuna norma con il suo rifiuto. La legge dell’Arizona, così come quella di altri cinque Stati federali americani, consente infatti ai farmacisti di negare la dispensazione di un farmaco in caso di obiezione di coscienza. Come riportato ai propri lettori da FarmaciaVirtuale.it, in Italia, alla fine del 2016, una farmacista del Friuli Venezia-Giulia si era rifiutata di dispensare una confezione di Norlevo ad una paziente. Ciò aveva portato ad un contenzioso giudiziario, che era stato risolto dal tribunale di Gorizia a favore della stessa farmacista. Sulla questione, si è schierato in prima linea il ginecologo Bruno Mozzanega, secondo il quale la “pillola dei cinque giorni dopo” (ellaOne, principio attivo ulipristal) «impedisce di annidarsi ad un embrione vivo, come riconosciuto esplicitamente dalla Corte europea di giustizia nel 2011, tutelato dalle leggi italiane sin dal suo primo istante di vita, che coincide col concepimento». Anche la politica si è scontrata sulla questione: la deputata Roberta Agostini, ad esempio, ha spiegato che «la legge impone al farmacista di somministrare un farmaco prescritto da un medico. È quest’ultimo il principale responsabile della salute della paziente e se riconoscessimo al farmacista il potere, di fatto, di aggirare le sue indicazioni, lederemmo il legame fondamentale tra medico e paziente».

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