concorsi farmacie«Negli ultimi giorni sembrano aver rinvenuto nuove energie i sostenitori delle tesi contrarie all’assegnazione di due farmacie in due diversi concorsi a favore della stessa compagine, o dello stesso farmacista. La sensazione tuttavia è che esse si basino più su convincimenti ideologici che giuridici». A spiegarlo è l’avvocato Gustavo Bacigalupo, dello studio associato Bacigalupo-Lucidi, sottolinea come esistano una serie di tesi sulle quali si basano i contrari alla duplice assegnazione. Esiste ad esempio «l’ipotesi di una contitolarità separata dalla gestione dell’esercizio, ribadita di recente da un funzionario ministeriale. Essa oltre a porsi in evidente rotta di collisione con il principio fondamentale della indissociabilità di titolarità e gestione di una farmacia, è grandiosamente disallineata rispetto all’assetto normativo vigente». In ogni caso, sottolinea il legale, la maggior parte delle regioni si è orientata «rilasciando i provvedimenti di autorizzazione all’esercizio di farmacie a nome e favore delle società come tali formate tra i co-vincitori, guardandosi bene quindi dall’investirne personalmente, congiuntamente e/o disgiuntamente, questi ultimi». Caso a parte l’Emilia Romagna, dove l’autorizzazione è rilasciata “unica pro indiviso”: «In sintesi, il vincitore in forma associata di una sede emiliana sarebbe un titolare della farmacia al pari e insieme agli altri componenti della compagine, tutti portatori pro quota o pro indiviso del diritto di esercizio, ma per ciò stesso ognuno di loro pienamente equiparato a un titolare in forma individuale». Ciò implica secondo il legale «l’inaccettabile applicazione anche agli assegnatari in forma associata del divieto di cumulo di titolarità». Bacigalupo ricorda che il decreto Cresci Italia aveva enunciato «il fine di favorire l’accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti». Ebbene, «è chiaro che l’assegnazione di una farmacia a un’associazione formata da due, tre o quattro farmacisti si traduce di per sé nell’accesso alla titolarità di “un più ampio numero di aspiranti”, senza che si avverta la necessità di accentuare ulteriormente questo “numero”». Tuttavia, l’avvocato non esclude che «il Consiglio di Stato, all’esito conclusivo degli inevitabili giudizi, possa trarre il convincimento che quella finalità di fondo enunciata nel provvedimento di riforma non consenta comunque che un farmacista possa per la via dei concorsi straordinari conseguire due farmacie e che dunque impedisca l’assegnazione di due esercizi in due diversi concorsi a una stessa compagine, come pure a uno stesso farmacista che vi abbia partecipato in due formazioni diverse, ovvero individualmente in un concorso e in forma associata nell’altro». In generale, secondo l’avvocato, «specie se consideriamo che nei tempi di espletamento le 21 procedure concorsuali sono chirurgicamente ben disallineate tra loro, se alla fine dovesse aver successo una delle tesi contrarie alla “duplice assegnazione” assisteremmo (a parte le intuitive difficoltà di vederla nel concreto applicata in tutti i concorsi) a gravi e irrimediabili perdite di chances di intere compagini e/o di singoli loro componenti. Coloro però che sin dall’inizio o in ultim’ora si sono schierati contro la “duplice assegnazione”, dovrebbero spiegare come si possa giustificare disinvoltamente che Tizio, avendo partecipato con Caio e Sempronio al concorso lombardo e al tempo stesso con Rossi e Bianchi a quello laziale, possa cagionare, formando con Caio e Sempronio la società titolare della farmacia lombarda, l’esclusione dalla graduatoria laziale della compagine associativa con gli ignari e incolpevoli Rossi e Bianchi, ovvero, formando con Rossi e Bianchi la società titolare della farmacia laziale, cagionare la decadenza anche degli ignari Caio e Sempronio dalla titolarità di quella lombarda. Ma sorprendentemente un panorama del genere non sembra turbare più di tanto i sostenitori del “no”, per i quali infatti tali vicende possono tranquillamente risolversi in sede giudiziaria, trattandosi a ben guardare di banalissime cause civili tra improvvidi o sfortunati partecipanti in forma associata».

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