Le industrie produttrici di farmaci hanno diritto ad avere accesso a dati certi e verificabili. Qualora questi ultimi non vengono forniti dagli organismi competenti, le stesse aziende possono rifiutarsi di corrispondere le quote relative al ripiano della spesa ospedaliere disciplinato dall’articolo 15, comma 8, del decreto legge 95 del 2012 (successivamente convertito nella legge 135 dello stesso anno).
A deciderlo è stato il Tribunale amministrativo del Lazio, con una lunga serie di sentenze (le numero 5279, 5280, 5561, 5568, 5576, 5578, 5581, 5583) che confermano lo stesso indirizzo. Secondo i giudici, i dati forniti dall’Aifa non erano sufficientemente chiari e confrontabili con quelli in possesso delle aziende. Si tratta di una questione che investe anche le Regioni ma, specifica ancora il tribunale, non è possibile scaricare su di esse la mancata accuratezza delle informazioni fornite, dal momento che rimane compito dell’Agenzia del farmaco controllare i dati e renderli usufruibili. «In assenza di chiarezza e trasparenza – spiega l’avvocato Paola Ferrari, dello studio legale omonimo di Cassina dè Pecchi (Milano) – le aziende hanno diritto di “non fidarsi” e di contestare i pagamenti». È per questo che, prosegue la legale, «le sentenze depositate nei giorni scorsi costituiscono il primo atto di un contenzioso che farà parlare di sé a lungo».
In gioco, nel caso specifico c’erano i provvedimenti relativi al ripiano economico per la spesa farmaceutica ospedaliera per l’anno 2013, ed in particolare lo sfondamento del tetto del 3,5% previsto dallo stesso Dl 15/2012. I giudici amministrativi hanno specificato che le industrie farmaceutiche hanno diritto a poter usufruire di dati analitici riguardanti la movimentazione dettagliata dei prodotti sia in termini di quantità di confezioni, sia in riferimento al modo in cui tali quantità sono state valorizzate da un punto di vista economico.
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