laurea in farmaciaNovellino, presidente della Conferenza dei presidi: “Ogni anno 3500 laureati e il fabbisogno è di 1700”

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“In Italia ogni anno 3500 studenti si laureano in farmacia, ma solo la metà trova lavoro. Il fabbisogno previsto dal ministero, infatti, è di 1700 nuovi farmacisti annui. La soluzione? Introdurre nelle università il numero chiuso, parametrato alle reali esigenze”.

Ettore Novellino, presidente della Conferenza dei presidi delle facoltà di Farmacia, non ha dubbi: ci sono troppi laureati per poche farmacie e la situazione sta diventando insostenibile, tanto che si può parlare di vera e propria emergenza occupazionale. Un problema, dice, che al Sud persiste dal 2008, mentre al Nord si è affacciato da due o tre anni.

“Iscriviamo circa 8000 studenti l’anno e ne laureiamo 3500 – ragiona -, senza considerare che complessivamente abbiamo circa 50 mila studenti iscritti da noi. Se decidessero di laurearsi tutti quanti, non sapremmo dove metterli”. Le cause dello squilibrio sono note: la riduzione dei fatturati delle farmacie, dovuta all’introduzione dei farmaci generici, che ha ritorni economici minori, cui va aggiunta la crisi economica. Di qui la chiusura di alcune farmacie e la riduzione del personale. Da aggiungere la perdita di posti di lavoro nel canale di informazione medico-scientifica, causata dalla perdita dei farmaci con brevetto a danno delle case farmaceutiche.

“Due anni fa, quando sono diventato presidente, ho posto come primo punto la proposta di parametrare il numero di iscritti alle reali esigenze, per garantire il lavoro ai laureati – dice Novellino -. Il risultato? Sono stato tacciato di classismo e di negare il diritto allo studio. La verità è che con l’attuale sistema garantiamo il diritto alla disoccupazione. Nelle nazioni con il numero chiuso le cose vanno meglio. In Italia subiamo retaggi di sindacalismo e funziona di più la demagogia”.

E aumentare il numero di farmacie? Secondo il presidente non è una soluzione migliorativa, in quanto “la farmacia deve avere un minimo di entrate e invece, se riduco ulteriormente il rapporto farmacie-abitanti, rischio di polverizzare il sistema e di offrire un servizio di qualità inferiore”. Una strada da percorrere è invece quella di favorire nuovi sbocchi professionali: “Dobbiamo cercare di fare in modo che la figura di farmacista possa essere competente non solo nel dispensare i farmaci, ma anche nel seguire le persone che soffrono di dismetabolismi – spiega Novellino -. Però deve cambiare la figura del farmacista. Se vogliamo prenderci cura di queste persone il farmacista deve diventare un esperto in nutrizione e dermocosmesi. Deve, insomma, prepararsi culturalmente e professionalmente a svolgere questo tipo di attività”.

L’università si sta muovendo in questo senso. Da un lato sono stati avviati i nuovi corsi di laurea in scienze nutraceutiche, per formare nuove figure professionali. Dall’altro l’obiettivo è di spingere chi già lavora ad assumere nuove competenze, per riuscire a conquistare terreno nel campo della salute e del benessere in cui già agiscono biologici, medici e altre categorie. “Serve però la volontà di chi già lavora di rimettersi sui libri e aggiornarsi – esorta Novellino -. Così incrementeremo i profitti delle farmacie e torneremo a produrre posti di lavoro”.

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