Alla fine, i farmaci di fascia C non dovrebbero uscire dalle farmacie. È questa, per lo meno, la decisione assunta nella serata del 10 settembre 2015 dalle commissioni riunite VI (Finanze) e X (Attività produttive, commercio e turismo), che hanno approvato il testo dell’articolo 32 del Ddl Concorrenza. Al contempo, le società di capitali – sul modello delle catene farmaceutiche presenti in Gran Bretagna – potranno acquisire il controllo delle farmacie private. Con alcune regole però: la versione “definitiva” della normativa (in attesa del vaglio di Camera e Senato, che dovrebbe cominciare il prossimo 21 settembre e proseguire almeno fino a fine anno) prevede una serie di incompatibilità, a cominciare dalle industrie del farmaco, dagli informatori e dai medici.
Nel corso della discussione in commissione si sono succeduti numerosi interventi. Lara Ricciatti (Sel) ha evidenziato la propria contrarietà all’ingresso di società di capitali nella titolarità della farmacie, dal momento che «il provvedimento, così come formulato, rischia di determinare la chiusura di numerose piccole farmacie». Giulia Grillo (M5S) ha spiegato come a suo avviso «se lo scopo del governo e dei relatori è di assicurare maggiore concorrenza nel settore dei farmaci, tale obiettivo non può essere raggiunto con l’ingresso delle società di capitali fra i soggetti titolari di farmacie», poiché in tal modo «si rischia di rompere il rapporto di fiducia esistente tra il farmacista e il singolo cittadino». Grillo ha quindi stigmatizzato «il fatto che i relatori abbiano espresso tutti pareri contrari sugli emendamenti presentati allo scopo di introdurre alcune questioni di concreta liberalizzazione in tema di pianta organica e di distribuzione dei farmaci».
Donata Lenzi (Pd) ha invece osservato che «la parafarmacia è un’invenzione tutta italiana», ricordando «come già di recente sia stato aumentato il numero delle farmacie per abitanti tanto che si arriverà ad avere una quota pari a quella esistente in Germania, che pure ha diversi milioni di abitanti in più del nostro Paese. Lo sforzo in questo direzione è pertanto già stato compiuto». Nettamente dalla parte di un’ulteriore liberalizzazione, al contrario, si è mostrata Adriana Galgano (Sc) che ha spiegato che «da recenti studi, è emerso che la liberalizzazione dei farmaci di fascia C comporterebbe un importante ampliamento della concorrenza nel settore, con conseguente risparmio di circa 500 milioni di euro per i cittadini. Ciò avrebbe effetti positivi per le famiglie italiane».
Al termine del dibattito, la decisione è stata dunque quella di mantenere la fascia C in farmacia. Inoltre, a tutela dei piccoli esercizi, è stato approvato un emendamento presentato da Alessandro Pagano (Ncd), secondo il quale «nei comuni fino a 6.600 abitanti, alle farmacie che risultano essere soprannumerarie per decremento della popolazione è consentita la possibilità di trasferimento in ambito regionale, previo pagamento di una tassa di concessione governativa una tantum pari a 5 mila euro».
Infine, in termini orari è stato approvato l’articolo 32-bis, che recita: «Gli orari e i turni di apertura e di chiusura delle farmacie convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale stabiliti dalle autorità competenti costituiscono il livello minimo di servizio che deve essere assicurato da ciascuna farmacia. È facoltà di chi ha la titolarità o la gestione della farmacia di prestare servizio in orari e in periodi aggiuntivi rispetto a quelli obbligatori, purché ne dia preventiva comunicazione all’autorità sanitaria competente e informi la clientela mediante cartelli affissi all’esterno dell’esercizio».
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