Sono nettamente superiori alle attese degli analisti i risultati dell’ultimo trimestre di Walgreens Boots Alliance, leader mondiale nella distribuzione di prodotti farmaceutici e per il benessere. Il gruppo, nato ufficialmente il 31 dicembre 2014 dalla fusione tra la statunitense Walgreens e l’elvetica Alliance Boots, ha infatti registrato profitti per azione (escluse le voci straordinarie) pari a 1,02 dollari, più degli 87 centesimi previsti. Le vendite nette hanno segnato un’impennata del 48,8%, arrivando a 28,8 miliardi di dollari, e l’utile netto è salito a 1,30 miliardi di dollari (1,18 dollari per azione) contro i 714 milioni (74 centesimi per azione) dello stesso periodo dello scorso anno. L’azienda ha inoltre alzato del 6,7% i dividendi, arrivando a 36 centesimi ad azione, e per l’intero anno fiscale (che termina il prossimo trimestre) attende profitti compresi tra i 3,70 e i 3,80 dollari per azione, superando le precedenti proiezioni che si attestavano tra i 3,45 e i 3,65 dollari.
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Alla guida della società sarà Stefano Pessina, nominato Ceo ad interim lo scorso gennaio e ora riconfermato in via definitiva. «Il board – ha dichiarato il presidente esecutivo James Skinner tramite una nota – è giunto alla conclusione che Stefano sia davvero la persona giusta per raggiungere il nostro obiettivo di diventare un vero leader mondiale nel settore della sanità». Da parte sua, Pessina ha espresso soddisfazione: «A soli sei mesi dalla fusione strategica stiamo cominciando a fare progressi e saremo in grado di mettere a segno un altro trimestre positivo», trainato soprattutto dalla divisone che segue le farmacie.
I risultati finanziari lusinghieri sono arrivati non senza una profonda opera di ristrutturazione: oltre al rinnovamento di numerosi punti vendita, nell’ottica di puntare su prodotti di fascia più alta, finora sono stati già chiusi nove negozi, a cui se ne aggiungeranno altri 70-80 nel corso di questo trimestre. L’obiettivo è quello di abbassare le serrande a circa 200 degli 8000 punti vendita nel territorio Usa, per tagliare i costi di 1,5 miliardi di dollari entro la fine dell’anno fiscale 2017. Non mancano le conseguenze di carattere occupazionale: sono circa 700 i posti di lavoro che sono stati già tagliati negli ultimi tre mesi.
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