Nella seduta parlamentare del 21 ottobre 2015, si sono svolte le consuete interrogazioni a risposta immediata (question time). Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha risposto ad una domanda posta dal deputato Mario Sberna, del gruppo “Per l’Italia – Centro democratico”, che ha richiesto chiarimenti in merito ai rischi connessi al fenomeno dei siti internet che vendono farmaci per l’interruzione della gravidanza. «Prolificano – ha spiegato il parlamentare – i siti che vendono i medicinali per l’aborto, che spiegano, cioè, come fare un aborto con pillole di uso comune, che hanno lo stesso effetto dell’RU486: forti contrazioni dell’utero, distaccamento del feto dalla placenta e, quindi, la sua eliminazione. Questi siti presentano le offerte in maniera accattivante, garantendo poche domande, anonimato, prezzi scontati, tutela della privacy e tacendo, evidentemente, sugli immani rischi che le pratiche suggerite comportano per la salute delle donne che le praticano. Tra l’altro, i dati Istat rivelano un aumento degli aborti spontanei negli ultimi anni, con punte del 67 per cento tra le giovanissime, tra i 15 e i 19 anni, cosa che ci fa pensare. Pertanto, il ministro non ritiene doveroso indagare su questo fenomeno, indicando quali iniziative intende porre in essere nell’ambito delle proprie attribuzioni?».
Beatrice Lorenzin ha risposto spiegando che «il fenomeno dei cosiddetti “aborti fai da te” rientra in quello più generale degli aborti clandestini, la cui ultima stima risale al 2012. Nella relazione presentata al Parlamento nel mese di ottobre 2014, le stime sugli aborti clandestini, effettuate dall’Istituto superiore di sanità e riferite al 2012, indicano una stabilizzazione del fenomeno negli ultimi anni, almeno per quanto riguarda le donne italiane. Con una notevole diminuzione rispetto agli anni Ottanta e Novanta: 100 mila erano i casi stimati nel 1983, 72 mila nel 1990, 43.500 nel 1995». Mentre oggi, secondo il ministro, il dato è attorno alle 15 mila unità.
«Per quanto riguarda l’aborto spontaneo – prosegue Lorenzin – i dati Istat, relativi agli anni 2010-2012, mostrano un andamento sostanzialmente stabile: 73.722 nel 2010, 76.334 nel 2011 e 73.810 nel 2012. Per quanto riguarda i siti che vendono medicinali online, sottolineo che, in base al recente decreto legislativo n. 17 del 2014, le farmacie online autorizzate devono essere riconoscibili e, quindi, distinguibili da quelle illegali attraverso il logo comune, un bollino di sicurezza condiviso e coerente a livello europeo, rilasciato a cura del ministero della Salute. Inoltre, sempre in tema di contrasto della vendita online di medicinali senza controllo a rischio per la salute, ricordo il mio particolare impegno perché la normativa del 2014 contemplasse anche l’oscuramento dei siti non autorizzati ovvero di quelli che vendono online medicinali che richiedono la prescrizione medica».
Gigli ha replicato esprimendo il «sospetto che le stime non colgano l’intera ampiezza del fenomeno» e caldeggiando pertanto «l’attivazione della polizia postale».
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