Il ministero della Saluta «ha chiarito che, per quanto di competenza, non si ravvisano elementi di contrasto tra la normativa vigente e la possibilità per il farmacista di effettuare in farmacia test diagnostici a uso professionale quando i relativi referti non devono essere firmati da un medico di laboratorio o da altro professionista, all’interno del laboratorio, specificamente individuato (come, ad esempio, il direttore tecnico di laboratorio, che può essere solo ed esclusivamente un medico, un biologo o un chimico)». È quanto si legge in una circolare della Federazione degli ordini di farmacisti italiani (Fofi), in cui è stata riportata la risposta del ministero della Salute interpellato dalla stessa Federazione in seguito a diversi quesiti pervenuti dagli Ordini territoriali.

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Tipologia di test utilizzabili in farmacia. La Federazione aveva scritto a luglio 2023 alla Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico, e alla Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Ssn in seno ministero della Salute. Nella missiva la Fofi aveva sottolineando che «i recenti interventi normativi non circoscrivono più la tipologia di test utilizzabili in farmacia a quelli di autocontrollo». Dunque, per la Fofi «da ciò discende la possibilità per il farmacista di effettuare in farmacia anche i test diagnostici professionali». Alla luce di quanto evidenziato, la Fofi aveva scritto che «tali test diagnostici a uso professionale sono utilizzabili autonomamente dal farmacista in farmacia quando i relativi referti non devono essere firmati da un medico di laboratorio o da altro professionista, all’interno del laboratorio, specificamente individuato (come, ad esempio, il direttore tecnico di laboratorio, che può essere solo ed esclusivamente un medico, un biologo o un chimico)».

Normativa di riferimento nel settore. Dunque, la risposta del Ministero, in cui lo stesso evidenziava che «la normativa di riferimento nel settore dei dispositivi medico-diagnostici in vitro (Ivd) è rappresentata dal Regolamento (Ue) 2017/746 e s.m.i e dal decreto legislativo 5 agosto 2022, n.138. Per alcune disposizioni è ancora in vigore il D. Lgs. 332/2000, attuazione della Direttiva 98/79/CE». Secondo il Dicastero «l’immissione sul mercato, la messa a disposizione e la messa in servizio nel territorio italiano dei dispositivi medico-diagnostici in vitro è consentita per i dispositivi recanti la marcatura Ce, comprovante la conformità ai requisiti del citato Regolamento (Ue) 2017/746».

Requisiti di sicurezza ed efficacia delle prestazioni. Per il ministero della Salute «il fabbricante, cui spetta la responsabilità della marcatura Ce del dispositivo, deve assicurare che i prodotti da immettere sul mercato comunitario rispettino i requisiti essenziali di sicurezza ed efficacia delle prestazioni fissati nella citata normativa e che abbia eseguito la valutazione della conformità secondo le procedure previste dalla normativa stessa». Alla luce di quanto evidenziato, per il Ministero, «è quindi onere del fabbricante, che ha la piena conoscenza delle caratteristiche dei propri dispositivi, inquadrare correttamente la normativa che regola i propri prodotti, tenuto conto della destinazione d’uso a essi attribuita e del meccanismo d’azione alla base di tale destinazione». Infine, un riferimento alla classificazione del dispositivo medico-diagnostico in vitro e sulle regole applicabili al suo utilizzo, la quale «dipende dalla destinazione d’uso attribuita a esso dal fabbricante e dal rischio associato, in rapporto ai potenziali danni per la salute pubblica e al trattamento del paziente».

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