In una circolare inviata agli associati, Federfarma ha sintetizzato le norme in vigore relative alle diverse tipologie di test eseguibili in farmacia. La normativa attuale, come osservato dal sindacato, consente «non solo di mettere a disposizioni test autodiagnostici ma di somministrare, quindi, taluni test ad uso professionale». Con riferimento ai “test autodiagnostici”, Federfarma ha ricordato che «l’art.1, comma 2, lett. e) del d.lgs. 153/2009 stabilisce che, nell’ambito dell’erogazione di servizi di secondo livello rivolti ai singoli, le farmacie possono offrire prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo». La norma definisce i test autodiagnostici come «test gestibili direttamente dai pazienti in funzione di autocontrollo a domicilio o che possono, in caso di condizioni di fragilità di non completa autosufficienza, essere utilizzati mediante il supporto di un operatore sanitario, presso le farmacie territoriali pubbliche e private».

[Se non vuoi perdere tutte le novità iscriviti gratis alla newsletter di FarmaciaVirtuale.it. Arriva nella tua casella email alle 7 del mattino. Apri questo link]

Altri esami ematici diversi da quelli previsti dal decreto ministeriale

In proposito, Federfarma ha evidenziato che «il ministero della salute, con nota prot.n. 28709 del 10 maggio 2017 (allegato n.1) ebbe a precisare che non costituisce violazione né dell’art.2 del Dm 16 dicembre 2010 né configura esercizio abusivo di professione ai sensi dell’art. 348 codice penale lo svolgimento di altri esami ematici diversi da quelli previsti dal decreto ministeriale, in quanto la disciplina è riferita unicamente alle prestazioni in regime di Servizio sanitario nazionale e che, comunque, non prevede elencazioni tassative». Inoltre «il medesimo decreto (art. 2, comma 1) stabilisce espressamente che l’elencazione è determinata ai fini della definizione degli accordi regionali correlati all’accordo collettivo nazionale di cui all’art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni (c.d. convenzione farmaceutica)».

Dispositivi equivalenti consentiti e vietati

Federfarma ha poi ricordato che «l’art.1, comma 2 del Dm 16 dicembre 2010 vieta l’utilizzo di apparecchiature che prevedano attività di prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti, restando in ogni caso esclusa l’attività di prescrizione e diagnosi. Tra i “dispositivi equivalenti” attualmente vietati non rientrano certamente quelli che consentono il prelievo del sangue capillare, anche ad uso professionale, in quanto sono espressamente consentiti da specifica disciplina, come specificato nel paragrafo successivo».

Prelievo di sangue capillare con test a uso professionale

Per quanto concerne i “test diagnostici” e il relativo “prelievo di sangue capillare con test ad uso professionale”, nella nota di Federfarma si legge che «l’art. 1, comma 420, della Legge 30 dicembre 2020, n. 178 ha introdotto la lettera e-ter) all’art.1, comma 2 del d.lgs.153/2009, consentendo espressamente l’effettuazione presso le farmacie da parte di un farmacista di test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare». Come spiegato da Federfarma «tale novella normativa riconosce il farmacista in farmacia come operatore qualificato ad effettuare tale tipo di prelievo. È una novità assoluta in quanto, antecedentemente all’entrata in vigore di tale norma, era consentita solamente la messa a disposizione di dispositivi autodiagnostici e il relativo supporto nell’utilizzo».

Consentito l’utilizzo in farmacia di dispositivi a uso professionale

Dunque «la nuova disposizione non fornisce un elenco tassativo di analisi ematiche effettuabili con il campione prelevato capillarmente. Secondo il ministero della Salute è consentito l’utilizzo in farmacia di dispositivi a uso professionale che effettuino analisi ematiche, quando i relativi referti non debbano essere firmati da un medico di laboratorio o da altro professionista, all’interno del laboratorio, specificamente individuato».

Dispositivi a uso professionale usabili in farmacia

Sulla base di quanto evidenziato, «i dispositivi ad uso professionale utilizzabili in farmacia, pertanto, sono i dispositivi medici per analisi decentrate: near patient testing (Npt) o point of care test (Poct), definiti all’articolo 2 dell’Ivdr come qualsiasi dispositivo che non sia destinato all’autotest ma è destinato all’esecuzione di test al di fuori di un ambiente di laboratorio, generalmente vicino o al fianco del paziente da parte di un operatore sanitario. Tale circostanza dipende dalla destinazione d’uso fornita dal fabbricante».

Prelevamento del campione biologico

Con riferimento al “prelievo da parte del farmacista del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo”, Federfarma ha ricordato che «l’art 2, comma 8-bis, del D.L. 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla Legge 19 maggio 2022, n. 52 ha introdotto la lettera e-quater all’art.1, comma 2 del d.lgs.153/2009 che consente l’effettuazione di test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo». Dunque, come riportato nella circolare, «il farmacista in farmacia, pertanto, non può somministrare qualsiasi tipologia di tampone ma solo quelli che prevedono il prelevamento a livello nasale, salivare, orofaringeo». Federfarma ha precisato che «conseguentemente, sono esclusi test diagnostici a uso professionale che prevedono, ad esempio, il prelevamento del campione di urine o del campione a livello vaginale».

Esecuzione di test al di fuori di un ambiente di laboratorio

Inoltre «anche in tal caso si tratta di test ad uso professionale, non destinati al laboratorio. In particolare, si tratta dispositivi medici per analisi decentrate: near patient testing (Npt) o point of care test (Poct), definiti all’articolo 2 Regolamento Ue n. 2017/746 (In Vitro Diagnostic Medical Device Regulation, «Ivdr»), come qualsiasi dispositivo che non sia destinato all’autotest ma è destinato all’esecuzione di test al di fuori di un ambiente di laboratorio, generalmente vicino o al fianco del paziente da parte di un operatore sanitario. Tale circostanza dipendente dalla destinazione d’uso fornita dal fabbricante».

Consegna dei referti a seguito di test

Infine, una nota relativa alla “consegna referti a seguito di test diagnostici ad uso professionale”, in cui Federfarma ha spiegato che «i test diagnostici autorizzati all’uso professionale, previsti dalle lettere e-ter) ed e-quater) dell’art.1, comma 2, del D.lgs. 153/2009, richiedono che il farmacista che li abbia somministrati rilasci un documento al paziente recante l’esito del test eseguito. A differenza delle autoanalisi e dei test autodiagnostici (utilizzabili in autonomia dal cittadino), per tali test è necessario l’intervento professionale del farmacista che effettui il prelievo e ne attesti l’esito. Pertanto, non solo è un diritto del cittadino conseguire il referto, ma è obbligo della farmacia rilasciarlo. Tale circostanza si evince sia dalla natura del test, non più autodiagnostico, sia dalla disciplina contenuta nel Protocollo d’intesa del 28 luglio 2022 che all’art.3, comma 3 obbliga le farmacie a consegnare il “referto o attestato di esito scritto all’assistito, anche in formato digitale”».

© Riproduzione riservata

Non perdere gli aggiornamenti sul mondo della farmacia

Riceverai le novità sui principali fatti di attualità.

Puoi annullare l'iscrizione con un click. Non condivideremo mai il tuo indirizzo email con terzi.