Uno scenario frammentato, fatto di «esperienze parcellizzate, che riflette le disparità di accesso alle cure tipiche del regionalismo sanitario italiano», caratterizzato da questa difficoltà. È quanto emerso dal congresso annuale della Società italiana di telemedicina (Sit), svolto in modalità webinar il 22 e 23 ottobre 2021, in particolare nella tavola rotonda “I punti di vista di ricerca, istituzioni, management sanitario e componenti sociali per un approccio efficace all’implementazione della telemedicina”, promossa da Siemens Healthineers. Sebbene durante la pandemia si sia assistito a un’accelerazione nell’uso della telemedicina da parte degli attori della filiera, i potenziali restano tutt’ora inesplorati.

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Livello implementazione telemedicina ancora «acerbo»

Secondo Francesco Gabbrielli, direttore del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali dell’Istituto superiore di sanità (Iss), «il livello di implementazione della telemedicina nel nostro Paese è ancora molto acerbo e, di conseguenza, occorre andare spediti verso la costruzione di un sistema italiano di telemedicina robusto ed efficace che garantisca equità di accesso». Guardando al futuro, Gabbrielli prevede che «avremo sempre più a disposizione enormi quantità di dati per ogni singola persona e prenderà piede anche un nuovo modo di concepire lo studio del corpo umano. Le innovazioni di telemedicina devono essere valutate con la sperimentazione clinica secondo il modello dell’evidence based medicine, che però presenta dei limiti se applicato alle soluzioni digitali. Tale modello dovrà, quindi, essere superato verso un metodo di ricerca delle evidenze più evoluto».

Disparità tra territori

Quanto alle disparità regionali, per Tonino Aceti, presidente di Salutequità, «durante la pandemia, la telemedicina ha aumentato il livello di equità del sistema sanitario, permettendo ad aree disagiate del Paese un accesso più agevole alle cure. Tuttavia, ha anche rispecchiato le disparità che esistono fra i territori. Alcune regioni potevano contare decine di esperienze di telemedicina, altre poco più di una. Alla fine del 2020 sono state pubblicate le “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina”». Ciò nonostante «si registrano profonde differenze tra le Regioni nell’adempimento di tali indicazioni. Il Pnrr ha stanziato un miliardo di euro per la telemedicina. Serviranno interventi innovativi di governance. Pur essendo regolate e tariffate al pari delle omologhe prestazioni tradizionali, le prestazioni di telemedicina hanno bisogno di essere riconosciute nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) affinché siano garantite in modo equo su tutto il territorio nazionale».

Superare il gap di conoscenza tra operatori

Tra gli interventi anche quello di Vittorio Sargentini, vicepresidente della Società italiana di patologia clinica e medicina di laboratorio (Sipmel), secondo cui «il teleconsulto che permette di trasferire immagini e dati tra i medici può risolvere in parte questo problema e ovviare al gap di conoscenza che esiste tra gli operatori. Saranno utili pochi centri iperspecializzati perché non tutti i laboratori possono eseguire esami complessi come quelli richiesti, ad esempio, per la diagnosi delle malattie rare». Per Mario Da Ronco, Country Head of sales di Siemens Healthineers, «siamo attenti all’evoluzione della medicina di precisione e alla trasformazione delle modalità di erogazione delle cure, il tutto mantenendo centrale l’esperienza del paziente. La nostra azienda si colloca in una posizione privilegiata sul mercato perché, disponendo della diagnostica in vivo, in vitro, e dei servizi digitali può dare un supporto davvero completo agli stakeholder di sistema».

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