spreco-di-farmaciQual è l’apporto che garantiscono i farmacisti nella lotta allo spreco di medicinali? A valutare l’impatto è uno studio pubblicato dalla rivista scientifica “Pharmacy” e curato da un gruppo di ricercatori dello University Medical Centre di Utrecht, nei Paesi bassi, del Radboud University Medical Centre, dell’Utrecht Institute for Pharmaceutical Sciences e dell’università di Maastricht.

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L’analisi, intitolata “Pharmacists’ Activities to Reduce MedicationWaste: An International Survey”, spiega che «il fine è stato di identificare le attività che i farmacisti possono prendere in carico per diminuire lo spreco di medicinali». Per farlo, è stato messa a punto una survey in due fasi, condotta presso farmacisti territoriali e ospedalieri che lavorano in diversi Paesi. La prima ha previsto un’indagine con l’obiettivo di «indicare quali sono le attività effettuabili.

Le risposte sono state quindi analizzate da un punto di vista tematico. Nella fase 2, poi, è stato somministrato un questionario per comprendere se queste attività siano o meno state implementate, quale sia la loro importanza e la loro fattibilità». Alla prima parte del progetto hanno partecipato 53 farmacisti; le attività identificate sono state 14. Queste ultime sono state categorizzate seguendo la supply chain del farmaco, a partire dalla prescrizione e dalla dispensazione.

La fase 2 ha visto invece la partecipazione di 89 professionisti. I risultati indicano che «la maggior parte delle attività è stata effettuata solo da una minoranza di farmacisti». In molti casi, ci si limita a ridurre il quantitativo di medicinali in stock (86%): «È nella fase di dispensazione che i farmacisti hanno valutato più importante e fattibile il loro apporto». Mentre il 77% dei partecipanti spiega di essere solito procedere ad una raccolta di farmaci inutilizzati.

La conclusione alla quale sono giunti i ricercatori è pertanto che «i farmacisti hanno numerose opportunità per ridurre lo spreco di farmaci lungo la supply chain. Eppure, non tutto viene fatto». Inoltre, benché la questione sia considerata importante dalla categoria, «i professionisti nutrono dubbi sulla fattibilità pratica di determinate attività».

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