Rispettare i diritti, contenere la spesa, evitare le sanzioni imposte dall’Ue: è questo il cuore e il senso dell’iniziativa messa in campo dal sen. Luigi d’Ambrosio Lettieri, capogruppo di FI nella Commissione Sanità di Palazzo Madama, che ha illustrato oggi in Commissione un emendamento al Ddl Lorenzin, in merito all’ equiparazione del trattamento economico e normativo degli specializzandi nelle professioni non mediche a quelle degli specializzandi medici. A margine della Commissione, data la rilevanza dell’argomento, i senatori Mandelli e d’Ambrosio Lettieri hanno deciso di presentare una mozione in Aula che impegni il governo in questa direzione.
Obiettivo: riconoscere anche a veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi e laureati appartenenti ad ulteriori categorie sanitarie non rientranti nell’area medica, ammessi e iscritti dal primo al quinto anno di corso delle scuole post-laurea di specializzazione dell’area sanitaria, l’applicazione del trattamento contrattuale di formazione specialistica di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, e successive modificazioni. In soldoni: appunto, lo stesso riconoscimento economico riservato agli specializzandi medici.
Infatti “ad oggi”, afferma d’Ambrosio Lettieri, “nonostante i riferimenti alla previsione normativa, sia di livello comunitario che di diritto interno, appare tutt’altro che realizzata l’equiparazione delle categorie dei medici e dei non medici, in quanto detti riferimenti non comportano in termini espressi ed inequivoci il diritto dei laureati ammessi ad una scuola di specializzazione ad ottenere un trattamento economico-normativo del tutto analogo a quello dovuto ai laureati in medicina anch’essi ammessi ad un scuola di specializzazione”.
Eppure, rileva il senatore “la preparazione professionale per gli specializzandi dell’area sanitaria presuppone un percorso formativo di elevato livello cui non può non corrispondere un trattamento economico-normativo analogo a quello riservato ai medici; le figure sanitarie non mediche che prestano la loro attività lavorativa all’interno del Servizio sanitario nazionale sono obbligate, al pari delle figure mediche, ad essere in possesso del titolo rilasciato dalla scuola di specializzazione. Sarebbe opportuno, quindi, evitare che il nostro Paese possa, in futuro, incorrere in nuove sanzioni in quanto inadempiente nel recepire le direttive comunitarie o nel trasporle tardivamente nell’ordinamento italiano”. Sulla questione si è anche attivato il Codacons.
“La normativa attualmente in vigore prevede l’applicazione di un ordinamento didattico unico valido sia per i laureati in medicina che per gli altri laureati dell’area sanitaria”, spiega il capogruppo di FI della Commissione Sanità, “per entrambe le categorie, inoltre, l’impegno richiesto per la formazione specialistica è a tempo pieno, pari quindi a quello previsto per il personale sanitario del Servizio sanitario nazionale. Emergono, però, diverse disparità di trattamento contrattuale tra le due categorie. Invece la ratio del decreto ministeriale 1 agosto 2005, ad oggi non riconosciuta, dovrebbe risiedere proprio nella necessità di individuare il diritto all’inquadramento dell’attività svolta da soggetti specializzandi in uno specifico contratto di formazione specialistica con relativa corresponsione di un trattamento economico”.
“Il mancato riconoscimento di tale ratio rischia di consentire la specializzazione solo a pochi privilegiati e, in conseguenza, di limitare la libera scelta e le attitudini di ciascuno”, conclude d’Ambrosio Lettieri, “Mi auguro che possa trovare accoglimento l’emendamento al ddl Lorenzin volto a sanare questa intollerabile situazione”.
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