La presa di posizione del ministro della Salute Giulia Grillo – che si è espressa contro «la svendita delle farmacie alle multinazionali» – ha suscitato l’apprezzamento della Fofi. Dopo la decisione di eliminare dal testo della Legge di bilancio dell’emendamento che richiedeva alle società titolari di farmacia che il 51% del capitale di gestione fosse rappresentato da farmacisti iscritti all’Albo professionale, infatti, la federazione ha riferito in una nota di condividere le affermazioni del membro del governo Conte.
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«Il Servizio sanitario nazionale oggi attraversa una fase critica cui concorrono il peso sempre maggiore delle patologie croniche, dell’invecchiamento della popolazione, dell’aumento della non autosufficienza e, d’altra parte, la necessità di affrontare i costi dell’innovazione farmacologica e tecnologica. In questo quadro diviene cruciale mettere al servizio dei cittadini un sistema sanitario territoriale efficiente, nel quale le farmacie di comunità, che ne sono presidio strategico, possano garantire sempre di più universalità ed equità di accesso, qualità delle cure e buon governo della spesa, attraverso le competenze professionali di farmacisti indipendenti e liberi da spinte di mercato. Tuttavia anche questa preziosa rete assistenziale oggi risente di una situazione economica negativa, che ha già causato la chiusura di molte farmacie e mette a rischio la sua capillare presenza sul territorio, comprese quelle zone svantaggiate del Paese in cui peraltro la farmacia di comunità rappresenta l’unico presidio sanitario». È per questo che secondo la Fofi «le norme previste dalla legge sulla Concorrenza del 2017, che prevedono la possibilità per ciascuna società di capitali di possedere fino al 20% delle farmacie presenti a livello regionale (ovvero che 5 società possano giungere a controllare tutte le 20.000 farmacie italiane), non possono che aprire la strada alla creazione di oligopoli, con una forte prevalenza degli obiettivi di profitto e di mercato e con conseguenze negative per la qualità del servizio reso alla popolazione. In questo senso, l’emendamento che prevede la maggioranza della componente professionale all’interno delle società che possiedono farmacie può rappresentare un importante correttivo».
Anche Federfarma ha lodato le dichiarazioni di Giulia Grillo: «Abbiamo sempre sostenuto – ha spiegato l’associazione in un comunicato – che riservare la maggioranza del 51% ai farmacisti assicura alla farmacia un’indipendenza professionale che altrimenti sarebbe a rischio ed evita lo sviluppo di un servizio farmaceutico a due velocità, più efficiente nelle zone redditualmente più ricche. Anche per le società tra altri professionisti esistono vincoli, addirittura più stringenti. D’altro canto, la presenza di investitori, purché limitata al 49%, rappresenta un elemento positivo di equilibrio in quanto può agevolare l’accesso all’esercizio della professione in farmacia da parte di tanti giovani laureati, che non hanno proprie capacità economiche di investimento».
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