Nelle scorse settimane Assofarm ha reso nota l’intenzione di lanciare una sperimentazione con una Asl della Toscana per testare l’apporto del “farmacista di famiglia” nell’ambito della rete sanitaria. Francesco Schito, segretario generale dell’associazione di categoria, delinea a FarmaciaVirtuale.it i tratti della nuova figura, che potrebbe offrire vantaggi per il Ssn, per i pazienti e per i farmacisti.
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Cos’è il farmacista di famiglia?
È un’idea che vorremmo mutuare da altre esperienze europee, a partire da quella delle farmacie del Belgio. Si tratta di passare dal concetto di remunerazione calcolata per confezione, alla quale viene aggiunta una piccola parte residua, fissata in termini percentuali. Questa metodologia il Belgio l’ha utilizzata a partire dal 2010. Poi però si sono resi conto che poteva provocare alcune storture: ad esempio, la parte pubblica per risparmiare cercava di spingere per far distribuire confezioni più grandi. Di lì la decisione di introdurre il farmacista di famiglia, che funziona in modo simile al medico di famiglia: al professionista viene assegnata la presa in carico di un certo numero di pazienti cronici. E come nel caso del medico, percepisce una quota capitaria in funzione del numero di persone di cui si occupa.
Dovrebbero aderire tutte le farmacie?
No, l’idea è che si tratti di un lavoro effettuato su base volontaria. Le farmacie migliori, quelle con la migliore organizzazione e con le migliori competenze, potrebbero ottenere una sorta di accredito da parte del Ssn e diventare collaboratrici di alcune case della salute. Si potrebbero, secondo i nostri calcoli, prendere in carico fino a 100 pazienti cronici. In Olanda il sistema esiste già e il farmacista percepisce 80 euro al mese per ciascuna persona presa in carico. Il che equivale al 12% degli introiti complessivi: una quota per nulla indifferente.
In che modo funzionerà la presa in carico?
Il farmacista si occuperà principalmente dell’aderenza terapeutica, ma non solo. Anche di servizi legati alla farmacovigilanza. Il tutto sulla base di una piattaforma informatica che consenta l’accesso alle cartelle cliniche dei pazienti: un aspetto, questo, che dovrebbe essere implementato dalle Asl con soluzioni ad hoc.
Quali sarebbero i vantaggi per il cittadino?
Il paziente cronico, sottoposto a politerapia farmacologica, sarebbe preso in carico a 360 gradi. È noto il fatto che alcuni farmaci presentano un tasso di aderenza particolarmente basso, soprattutto tra i pazienti più anziani. I farmacisti potrebbero ad esempio, come accade in Belgio, Olanda e nel Regno Unito, sconfezionare i medicinali e riconfezionarli in blister con le indicazioni degli orari di assunzione nella giornata, al fine di minimizzare gli errori. Inoltre si potrebbero effettuare colloqui personalizzati per analizzare i farmaci che si stanno assumendo, individuare eventuali interazioni e i migliorare le cure. Si tratta, in pratica, dell’implementazione della pharmaceutical care.
Quali saranno i termini dell’accordo con la Asl Toscana Sud Est?
I negoziati sono ancora in corso, ci saranno alcune riunioni nel corso delle quali dovremo definire quali case della salute aderiranno alla sperimentazione, così come quali e quante farmacie parteciperanno al progetto. Quindi creeremo un gruppo di controllo per verificare se, come immaginiamo, ci saranno differenze importanti in termini id nuovi ricoveri, spreco di farmaci, ecc. Quindi occorrerà definire in modo chiaro il rapporto con i medici, per evitare ogni “invasione di campo”. Infine, si sceglieranno le azioni di pharmaceutical care da effettuare e il numero di pazienti che faranno parte della fase di test.
Quanto durerà la sperimentazione?
Anche questo andrà definito. Potrebbe trattarsi di sei mesi come di un anno. La verifica dei dati, poi sarà affidata ad un ente terzo, indipendente, che potrebbe essere un’università.
Quale sarà l’apporto per la professione?
Se tutto funzionerà, sarà di fatto inutile continuare ad impegnarsi sulla nuova remunerazione. Meglio a quel punto cambiare la legge, introdurre la presa in carico da parte del farmacista di famiglia, e ridefinire il tutto su questa base.
Prevedete anche ricadute occupazionali?
Se il Ssn risparmierà parecchio, come immaginiamo, e se una quota di tali capitali andrà alle farmacie per il lavoro svolto, queste potranno avere a disposizione i margini necessari per assumere nuovo personale.
Ne avete parlato con altre sigle sindacali?
La nostra volontà è di condividere il tutto con Federfarma, di certo non è nostra intenzione circoscrivere il progetto alle farmacie comunali. Abbiamo trovato molti punti di contatto con la nuova dirigenza e penso che potremo incontrarci presto per discutere e condividere il progetto, ascoltando le loro idee in merito.
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