Dopo quella del presidente dell’Enpaf Emilio Croce è giunta anche quella del consigliere di amministrazione Pasquale Imperatore. La petizione lanciata da Fenagifar per chiedere una riforma dell’ente previdenziale ha portato infatti ad una reazione decisamente negativa da parte del dirigente, secondo il quale essa «sta alimentando tra i farmacisti, soprattutto giovani, polemiche non costruttive».
Imperatore giudica infatti «disinformativa» la petizione, «dal momento che non precisa che l’approvazione delle modifiche al regolamento Enpaf è soggetta anche all’approvazione dei ministeri competenti, mentre la modifica di istituti disciplinati dalla legge (contributo 0,90%) può avvenire solo in forza di un nuovo provvedimento legislativo». Il consigliere spiega poi che «l’Enpaf è pienamente consapevole della necessità di adeguarsi ai nuovi scenari economici e lavorativi degli ultimi anni, ma voglio ricordare che, già dal 2015, siamo impegnati in un percorso riformatore che, per quanto riguarda l’assistenza, si è concluso con il nuovo Regolamento; per quanto riguarda l’assetto previdenziale, un’apposita Commissione di studio, istituita dall’Ente, ha elaborato una proposta concreta che, ampiamente illustrata alle diverse componenti della categoria, non ha trovato, a tutt’oggi, un consenso esplicito. Preciso che la riforma non è dettata da esigenze di contenimento della spesa, ma dalla necessità di rendere il sistema più equo e, nel contempo, più moderno. Tuttavia, la modernità e l’equità non possono generare confusione né, tantomeno, equivoci; una contribuzione rapportata al reddito, presupposto del metodo di calcolo contributivo, porterà ad una maggiore pressione contributiva per coloro che hanno soltanto l’Enpaf quale ente ad appartenenza obbligatoria».
Inoltre, secondo Imperatore, «subordinare l’introduzione del metodo di calcolo contributivo alla necessità di destinare, attraverso una legge, anche parzialmente (ma non si comprende in che modo), quota parte del contributo oggettivo dello 0,90% sui montanti contributivi soggettivi, è di per sé una contraddizione in termini. Se un contributo ha natura oggettiva, come riconosciuto dalla Corte Costituzionale, e viene trattenuto dalle Aziende Sanitarie Locali alle farmacie pubbliche e alle farmacie private, non può che avere una finalità solidaristica, di cui, peraltro, i primi beneficiari sono proprio i titolari di farmacia. In assenza del contributo 0,90%, le pensioni di coloro che versano la contribuzione intera sarebbero inevitabilmente meno elevate».
In tema poi di ingresso delle società di capitale, il consigliere ha spiegato che «più di qualcuno, al nostro interno, sembra sottovalutarne l’impatto. La diffusione di tali società rischia di depauperare il numero delle farmacie private a conduzione di farmacisti titolari. Nei prossimi anni, potremmo avere uno scenario ben diverso da quello attuale, in cui la professione rischia di essere prevalentemente esercitata in forma di lavoro dipendente. Ciò comporterà una riduzione delle entrate contributive dell’Ente, in ragione del fatto che la gran parte dei nostri iscritti opterà, avendo già la copertura previdenziale obbligatoria Inps, per una contribuzione ridotta».
Imperatore fa infine sue le parole di Croce, che ha affermato: «La riforma della previdenza di categoria deve essere affrontata da tutti con un approccio responsabile e consapevole, e non a colpi di slogan, di indicazioni generiche tanto seducenti quanto impossibili».
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