assistenza farmaceuticaDomenica 4 dicembre gli italiani saranno chiamati ad esprimersi sulla riforma della Costituzione approvata dal Parlamento. È utile ricordare che in questo caso non è previsto un quorum strutturale, il che significa che a prescindere dal numero di persone che si recheranno alle urne, il voto sarà comunque valido e deciderà la sorte delle modifiche costituzionali. Ma quale sarà l’impatto sul settore della sanità nel caso in cui dovessero vincere i «sì» e dunque la riforma fosse definitivamente approvata? A fornire una valutazione è Federfarma, che concentra la propria attenzione sul Titolo V della Costituzione, già oggetto di una riforma in senso “federalista” nel 2001. Nella riforma sulla quale si voterà domenica, dunque, l’aspetto di maggiore interesse per i farmacisti è proprio quello che riguarda la riorganizzazione delle competenze tra Stato e Regioni. «Attualmente – ricorda l’associazione di categoria – la tutela della salute rientra tra le materie di legislazione concorrente. Questo significa che lo Stato deve dettare i principi fondamentali e le Regioni le disposizioni di dettaglio». Tale soluzione, però, «ha dato luogo a un complesso contenzioso di fronte alla Corte Costituzionale per chiarire quali siano i principi fondamentali in materia di tutela della salute, quali gli aspetti di dettaglio di competenza regionale e dove si debba porre il confine tra gli interventi dei due livelli di governo». Ciò, tra le altre cose, ha prodotto «regimi di erogazione dei farmaci diversificati sul territorio, non solo tra Regione e Regione, ma anche tra ASL della stessa Regione. In sostanza, le amministrazioni regionali si sono sentite autorizzate a legiferare in modo autonomo per quanto riguarda l’erogazione delle prestazioni sanitarie e dei farmaci sul proprio territorio e, forti del proprio potere in materia, a delegare, a loro volta, ai direttori generali delle ASL il compito di definire le regole per l’accesso ai servizi sanitari e alle diverse categorie di medicinali».
Con la nuova riforma, la competenza tornerebbe esclusivamente allo Stato per quanto concerne le “disposizioni generali e comuni per la tutela della salute”. Le Regioni, tuttavia, continuerebbero ad occuparsi della “programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali”. Che può tornare allo Stato qualora sia messa a rischio l’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale. Secondo Federfarma, perciò, «la nuova formulazione del Titolo V è un segnale importante in direzione di un più diretto intervento dello Stato nella definizione delle politiche sanitarie, sicuramente anche per quanto riguarda le modalità di erogazione dei farmaci». E «il fatto che alle Regioni spetti la programmazione territoriale e l’organizzazione dei servizi sanitari è ovvio, perché le Regioni sono gli enti che materialmente gestiscono i finanziamenti e devono garantire l’erogazione delle prestazioni sanitarie». «Per quanto riguarda l’assistenza farmaceutica – aggiunge il sindacato dei titolari di farmacia – questo significa sicuramente il diritto di tutti i cittadini a poter accedere a tutti i farmaci presenti sul mercato nazionale e, in particolare, a quelli posti a carico del SSN. Ma vuol dire anche che questi stessi farmaci devono essere accessibili con le medesime modalità su tutto il territorio». per questo la nuova riforma, conclude Federfarma, mostrerà in modo netto le attuali disparità, e «costituirà un importante stimolo a rivedere l’attuale sistema, nell’ottica di riportare il maggior livello possibile di omogeneità tramite, appunto, disposizioni comuni».

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