produttori principi attivi

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Il principio è tanto semplice quanto ancora inattuato: regole uguali per tutti e verificate. Una richiesta avanzata ormai da tempo da Aschimfarma, l’associazione di Federchimica che rappresenta i produttori di principi attivi farmaceutici, che ha recentemente rilanciato l’appello in occasione del proprio forum annuale perché venga finalmente introdotto un sistema ispettivo obbligatorio anche nei paesi extra Unione europea. Una soluzione che andrebbe a tutela sia della salute pubblica che del settore, leader di mercato a livello mondiale ed espressione di qualità del Made in Italy.
Il riferimento è alla concorrenza delle tigri asiatiche e in particolar modo di India e Cina, la cui produzione sta guadagnando sempre più quote grazie ai prezzi più convenienti praticati, nonostante gli standard qualitativi non siano gli stessi. «I principi attivi dei farmaci sono settore manifatturiero di eccellenza in Italia, con quota export in tutto il mondo dell’85%», ha evidenziato il presidente di Aschimfarma, Gian Mario Baccalini. Una situazione confermata anche da Andrea Bianchi, direttore Politiche industriali di Confindustria, che ricorda come «la crisi ha ridotto di oltre 25 punti percentuali la produzione industriale, distruggendo circa il 15% del nostro potenziale manifatturiero, con punte che superano il 40%. Eppure il nostro sistema produttivo può ancora contare su molti punti di eccellenza. Si tratta di imprese che in questi anni di recessione hanno sostenuto le esportazioni e la capacità innovativa del sistema grazie anche all’elevato impegno nella ricerca e nell’innovazione. Tra queste ci sono le aziende di Aschimfarma, che, pur rappresentando una nicchia del mercato farmaceutico, sono molto competitive e con potenzialità di crescita che possono rappresentare un traino per tutto il settore».
Dunque la soluzione, a garanzia di una concorrenza più leale e della sicurezza dei cittadini, sarebbe che tutti si attenessero agli stessi parametri, e controlli, sulla qualità; mentre infatti le aziende nostrane producono osservando le cosiddette Norme di buona fabbricazione, GMP, Good manufactoring practices, i Paesi asiatici non lo fanno, producendo a costi sostanzialmente minori e con livelli di qualità da verificare, quantomeno in riferimento al contesto europeo. «La quota di mercato dei fornitori asiatici – ha spiegato infatti Baccalini – in Europa è del 63%, mentre è solo del 37% negli USA, e ciò dimostra che dove la legislazione è meno rigorosa aumenta il numero di fornitori meno qualificati. Aschimfarma chiede che l’ingresso in Europa sia consentito solo a principi attivi extra-Ue prodotti secondo le Norme di buona fabbricazione».
Perché la richiesta non si limiti a un pro forma, la questione cardine è che vengano effettuate ispezioni obbligatorie da parte delle autorità regolatorie anche ai siti produttivi extraeuropei. Gli USA, per esempio, hanno istituito un sistema di controllo a totale carico delle aziende; per ovviare alla necessità di risorse per poter eseguire le attività ispettive nei Paesi extra Ue, la soluzione proposta da Aschimfarma è che si implementino accordi di mutuo riconoscimento tra le autorità regolatorie, già in essere tra Stati Uniti, Giappone, Australia e Canada, senza così comportare ulteriori costi per le imprese. L’Aifa ha già fatto sapere in via informale che intende mantenere il sistema autorizzativo attuale e non quello registrativo previsto dalla direttiva sulla contraffazione, il che avrà un impatto positivo sulla competitività dei produttori italiani di principi attivi, che potranno far valere nei confronti della clientela questa situazione qualificante.

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