poverta e malattieCi si ammala di più per povertà piuttosto che per appartenenza etnica e migrazione: è ciò che emerge da uno studio durato 4 anni condotto su un campione di 13mila indigenti, presentato giovedì 21 settembre al convegno “Povertà sanitaria e accesso ai farmaci in una società multietnica” che si è tenuto all’Università degli Studi di Milano. Realizzato grazie al contributo di IBSA e nato da una collaborazione tra l’Osservatorio Donazione Farmaci di Banco Farmaceutico e il Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Ateneo meneghino, l’incontro ha visto la partecipazione di numerosi relatori provenienti da diverse università lombarde e da centri di eccellenza come l’Istituto Auxologico Italiano.
Dall’analisi del campione di pazienti che si sono rivolti alle strutture assistenziali caritative per essere curati, è emerso che il 49,8% degli italiani poveri necessitavano di farmaci psicoattivi, seguiti dagli europei dell’est (15,2%), dagli africani del nord (10,8%), dagli africani sub-sahariani (9,8%), dai latino-americani (9,9%) e dagli asiatici (7,2%).
Inoltre, globalmente le malattie psichiatriche, identificate in disturbi di ansia, di personalità e del tono dell’umore, esibivano una prevalenza più elevata nel sesso femminile(58,1%) rispetto a quello maschile (44,6%).
Secondo il ministero della Salute, la percentuale di italiani che si sono rivolti ai servizi specialistici nel corso del 2015 in cerca di aiuto per disagio mentale varia tra l’1,07% della Basilicata e il 2,06% dell’Emilia Romagna. Lo studio evidenzia che all’interno del campione analizzato, il 5,5% degli uomini e il 6,9% delle donne italiane soffre di diabete mellito, mentre tra gli europei dell’est la percentuale si attesta al 3,8% tra i maschi e al 5,5% tra le donne, tra i nord-africani al 2,6% tra i maschi e al 5,1% tra le donne, tra gli asiatici al 5,9% tra i maschi e al 7,1% tra le donne. Solo tra gli africani sub-sahariani la percentuale è più elevata nei maschi, mentre tra i latino-americani non è evidenziabile alcuna differenza di genere. Globalmente, secondo l’Istat, il 5,4% degli italiani è affetto da diabete. Infine, è emerso che tra gli ammalati poveri, soffrono di malattie croniche, soprattutto di tipo cardiovascolare ed endocrino-metabolico, soprattutto gli europei dell’est con una percentuale del 30,1%, seguiti dagli asiatici (25,4%), dai latino-americani (18,2%), dagli africani sub-sahariani (13,4%) e dai magrebini (13,3%). Sempre confrontando i dati emersi con la situazione generale, secondo la Società Italiana Ipertensione, nel 2016 il 33% degli uomini italiani e il 31% delle donne ha sofferto di ipertensione. I pazienti presi in esame, tra il 2013 e il 2016, sono stati assistiti da due enti caritativi di Milano, la Fondazione Fratelli di San Francesco Onlus e Opera San Francesco per i Poveri, che hanno dispensato quotidianamente ben 771 giornate di terapia ogni mille pazienti per la cura di malattie croniche, mentre nello stesso periodo sono state erogate 256 giornate di terapia ogni mille pazienti per la cura di affezioni acute. «I dati presentati nel convegno – ha dichiarato l’organizzatore Silvano Cella, docente di Farmacologia clinica all’Università degli Studi di Milano e Responsabile delle analisi farmaco-epidemiologiche dell’Osservatorio Donazione Farmaci – sembrano indicare che la strada maestra sia rappresentata dal sostegno agli enti caritativi che devono ormai essere considerati a pieno titolo una componente essenziale del Servizio Sanitario Pubblico. Lo studio conferma che il panorama epidemiologico internazionale sta rapidamente mutando: fino al secolo scorso le malattie croniche sembravano colpire soprattutto i Paesi più sviluppati, mentre in quelli a basso e medio reddito prevalevano le malattie infettive. Nella comunità scientifica internazionale – ha continuato Cella – è in atto una vivace discussione circa la necessità di definire queste patologie “malattie socialmente trasmesse”, poiché spesso derivano da comportamenti malsani diffusi attraverso i media ed i social network, dal degrado ambientale e, soprattutto, da un basso livello culturale ed economico. Diventa pertanto sempre più urgente – ha concluso l’organizzatore – mettere in atto misure di contrasto della povertà e dell’emarginazione sociale come mezzo per prevenire il diffondersi di queste malattie, riducendone l’impatto sociale ed economico».

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