ricette-bianche-consiglio-di-statoIl Consiglio di Stato ha pronunciato una sentenza su un ricorso proposto da Federfarma Parma contro la AUSL, con il quale si chiedeva di riformare una sentenza del Tar dell’Emilia-Romagna «in materia di prescrizione dei farmaci a carico del SSR mediante adozione di un sistema di distribuzione dei suddetti dietro presentazione di ricetta “bianca”».

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Con il primo ricorso, Federfarma aveva chiesto «l’accertamento della illegittima modalità di distribuzione dei farmaci a carico del SSR, seguita dalle farmacie pubbliche collocate nell’ambito territoriale della provincia di Parma, dietro presentazione di semplice “ricetta bianca”, con corrispondente danno dei farmacisti titolari di farmacie private, in quanto di fatto i pazienti sarebbero indotti a rifornirsi esclusivamente presso le strutture pubbliche, e con elusione della ratio della tracciabilità delle prescrizioni, sottesa all’introduzione della ricetta del SSR a lettura ottica». La federazione aveva chiesto, di conseguenza, che il TAR ordinasse l’immediata cessazione di tale pratica. La Asl aveva risposto che «la ricetta bianca sarebbe utilizzata unicamente per l’erogazione di farmaci acquistati dall’Azienda sanitaria, che non sarebbe in ogni caso rimborsabile».

In primo grado, il tribunale amministrativo aveva dichiarato il ricorso inammissibile poiché esso era «teso ad ottenere una pronuncia inibitoria di futura attività», mentre «in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati». Secondo Federfarma Parma, però, quella in questione sarebbe «una condotta illegittima da tempo tenuta dalla Asl resistente, e non di un potere non ancora esercitato». Inoltre, l’associazione ha chiesto al Consiglio di Stato «la riforma della sentenza per violazione dell’art. 112 cpc e, quindi, per violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, in quanto il giudice di primo grado avrebbe omesso immotivatamente di pronunciarsi sulla legittimità o meno della prassi (invalsa presso le strutture sanitarie pubbliche suddette) di vendere alcuni medicinali a carico del SSR dietro presentazione della c.d. ricetta bianca».

Il massimo grado della giustizia amministrativa ha ritenuto fondato tale motivo di appello, in quanto «appare evidente che l’associazione ricorrente si riferisce ad una condotta (prospettata come illegittima) praticata da tempo dalla AUSL di Parma e la cui sussistenza concreta, tra l’altro, non è contestata». Risulta dunque effettivamente violato l’art. 112. Eppure, secondo il Consiglio di Stato, «la domanda di accertamento in questione va comunque dichiarata inammissibile, pur se con diversa motivazione». In primo luogo perché «nel proporre un’azione di accertamento della “illegittima condotta” di AUSL Parma e di altre strutture pubbliche a tutela di una posizione di interesse legittimo dei farmacisti privati, non tiene conto del fatto che l’azione di accertamento notoriamente non rappresenta un mezzo di tutela di posizioni di interesse legittimo, ma di quelle di diritto soggettivo, mentre (come è noto) nei confronti del perseguimento dell’interesse pubblico al privato viene riconosciuto solo un interesse giuridico al legittimo esercizio del potere da parte della PA e la posizione di interesse legittimo è tutelabile solo attraverso l’azione di impugnazione».

Inoltre, nel caso specifico si sarebbe trattato solo di «comportamenti» operati da singoli: «La parte appellante ne avrebbe dovuto censurare, nelle sedi competenti e con le azioni appropriate, la pretesa illiceità, e non la pretesa illegittimità. L’interesse legittimo dei farmacisti privati non si presta ad essere tutelato attraverso un’azione di accertamento, che presiede alla tutela dei diritti soggettivi, e non degli interessi legittimi».

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