numero-chiuso-farmaciaSettembre, mese di test di ingresso e di immatricolazioni universitarie, e torna di stretta attualità il dibattito accesosi prima della pausa agostana sull’ipotesi di introdurre il numero programmato nelle Facoltà di Farmacia. Da fine giugno si sono tenuti due incontri per la riforma dei corsi di laurea in Farmacia e in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, promossi dalla Fofi e allargati a tutte le componenti della professione, e un ulteriore incontro ristretto alla Federazione degli ordini e ai rappresentanti dell’Università, riguardante la messa a punto di un documento programmatico da discutere poi in autunno con tutte le sigle interessate. Tra i temi su cui il confronto è più aspro gli interventi per la riduzione del numero dei laureati, per arginare l’aumento della disoccupazione nel settore. Questioni su cui è guerra di dati tra favorevoli al numero chiuso, la maggior parte degli intervenuti ai tavoli, che parlano di 55 mila iscritti e 3500 laureati all’anno, ancora destinati a crescere e ben oltre le possibilità di assorbimento del mercato, e contrari, che sostengono invece che nel prossimo quinquennio i laureati saranno 15 mila, in un settore con tassi di disoccupazione tra i più bassi. FarmaciaVirtuale ha raccolto le opinioni di entrambe le parti.

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«Parlare solo di numero chiuso non ha un grosso significato; quello che ho proposto è di rivedere le attribuzioni professionali del farmacista, che non possono più essere stabilite da disposizioni degli Anni 60». A spiegarlo è Ettore Novellino, presidente della Conferenza dei presidi dei corsi di laurea in Farmacia. «La prima cosa da fare è revisionare cosa il farmacista deve fare; costituendo tali attribuzioni i requisiti dell’esame di Stato, dobbiamo ovviamente rivedere di conseguenza tutto il corso di laurea, e insieme le necessità attualizzate del numero di farmacisti. Sarà necessario limitare l’accesso, programmarlo, ma per definire l’entità del numero bisogna prima riconsiderare la professione». E in merito al balletto di cifre sul numero dei futuri laureati? «Vorrei – continua Novellino – che i dati del Movimento nazionale liberi farmacisti fossero veritieri… Invece mirano a destabilizzare il sistema, citano i dati del Miur e Alma Laurea che includono anche chi, ad esempio, fa tirocini gratuiti per due anni o è sottoccupato. Se fossero dati affidabili anche i rappresentanti dei non titolari di farmacia sarebbero d’accordo. Credo che il dato più veritiero sia invece quello del Ministero su indicazione degli ordini, che hanno il polso del territorio; da rappresentante dell’Università non proporrei mai di ridurre il numero di studenti e professori se non fosse necessario».

Di diverso avviso la Federazione nazionale parafarmacie, i farmacisti ospedalieri di Sifo e Sinafo e soprattutto il Movimento nazionale liberi farmacisti, che parla appunto del 62% di occupati a un anno dalla laurea e dell’87% a cinque anni, prevedendo tra i 14 e i 17 mila neofarmacisti nel prossimo quinquennio, un numero che sarebbe in parte compensato dai pensionamenti. «È anticostituzionale – sostiene il presidente del movimento, Vincenzo Devito –; si può parlare di numero chiuso solo quando la professione è libera. Prima liberalizziamola, e poi si vedrà la situazione qual è e si discuterà del resto. Mi batterò fino alla fine contro il numero chiuso, anche per via giudiziaria». La ricetta del Mnlf? «Bisogna rivedere gli sbocchi professionali, non c’è bisogno del numero chiuso, il cui unico obiettivo è difendere dei privilegi, per fermare la concorrenza prodotta dai laureati non figli di farmacisti che aprono le parafarmacie – la loro unica opportunità professionale, non essendo figli di proprietari e data la situazione dei concorsi –. È vero che nel settore c’è sottoccupazione, ma si combatte aprendo gli sbocchi professionali, con corsi di laurea con un biennio di specializzazione seria, ad esempio nelle ricerche cliniche o nell’amministrazione degli acquisti, secondo le possibili esigenze del mercato del lavoro».

«Abbiamo acquisito i dati dalle Università – replica Claudio Di Stefano, presidente della Federazione nazionale associazioni giovani farmacisti –, i laureati sono 3500 all’anno, il doppio della richiesta del mercato. Secondo noi quindi fare una programmazione è corretto, ma deve essere accompagnata a una revisione del corso di studi, per ampliare i settori in cui i laureati possono essere impiegati. Fortunatamente nel nostro mondo non c’è crisi occupazionale quanto in altri settori, ma negli ultimi anni il numero dei colleghi senza lavoro è aumentato, sono dati che ci vengono dagli ordini, da chi si occupa tutti i giorni del fenomeno». Secondo Fenagifar la via è aumentare le prospettive qualificate e nello stesso tempo non far aggravare la disoccupazione, «con un numero programmato flessibile, basato sulle esigenze del mercato, sul numero di laureati e non di iscritti, per tener conto degli abbandoni. Dobbiamo essere responsabili, e dare a chi si laurea l’opportunità reale di entrare nel mondo del lavoro».

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