L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato un parere su un quesito posto all’organismo da parte di una società «che regola i rapporti con i distributori dei suoi prodotti, per lo più della “Grande Distribuzione Organizzata” (GDO), tramite un accordo quadro, il quale fissa le condizioni generali di tali rapporti, e un accordo integrativo, dove sono riportate e disciplinate le attività promozionali da svolgere». Quest’ultimo «prevede generalmente la concessione di sconti e abbuoni di diversa natura. In alcuni specifici e limitati casi, secondo una prassi aziendale di lungo corso adottata da molte imprese, in special modo della GDO, nell’ambito di tale accordo integrativo l’istante “concede al cliente la possibilità di far emettere, a fronte dei sopra indicati sconti e abbuoni, una nota di debito non assoggettata ad IVA”. Ciò, a detta dell’istante, in linea con la risoluzione ministeriale n. 530447 dell’11 luglio Divisione Contribuenti 2 1992 – in base alla quale, previo accordo con il cedente/prestatore, è ammessa l’emissione, da parte del cessionario/committente, di una nota di debito per rettificare, esclusivamente sul piano finanziario, la fattura originaria – e con la Corte di Giustizia UE, sentenza 17 settembre 1997, causa C-141/1996, nella quale si sarebbe affermato che “qualora venga preventivamente concordato, la variazione può essere realizzata mediante emissione di una ‘nota debito’ da parte dell’acquirente/committente”. L’istante precisa inoltre che, “come nel caso analizzato dalla risoluzione del 1992, […] rinuncia alla facoltà di detrarre l’Iva calcolata sull’importo corrispondente alla variazione dell’imponibile, ed è direttamente il cliente a richiedere la variazione dell’operazione originaria, solo da un punto di vista finanziario, senza addebito dell’Iva”».

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Il quesito prosegue quindi spiegando che «considerando che dal 1 gennaio 2019, anche le note di variazione in aumento o in diminuzione emesse ai sensi dell’art. 26 del Dpr 633/1972, dovranno obbligatoriamente essere emesse in formato elettronico e trasmesse al Sistema di Interscambio (“SdI”)», e che «nel paragrafo 6.2 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757 del 30 aprile 2018, l’Agenzia afferma inoltre che “le richieste del cessionario/committente al cedente/prestatore di variazioni di cui all’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non sono gestite dal SdI”». Di qui la richiesta di comprendere se «la nota di debito emessa dal cessionario/committente debba considerarsi o irregolare in assoluto, oppure irregolare nel solo caso in cui la variazione avesse rilevanza ai fini Iva». Inoltre, «se il suddetto documento si ritenesse valido, si chiede se il cessionario debba emetterlo in formato elettronico e trasmetterlo al Sdi (riportando il codice “TD05”) o debba limitarsi ad emettere un documento cartaceo senza inviarlo al Sdi». La risposta dell’Agenzia indica che «va in primo luogo richiamato l’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA). Tale norma stabilisce che “Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza […] dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25”». Viene poi specificato che «la richiamata disposizione regola le variazioni in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta il cui esercizio, diversamente dalle c.d. variazioni in aumento, ha natura facoltativa».

E che «il soggetto legittimato a procedere è solo il cedente/prestatore, risultando il cessionario/committente impossibilitato ad emettere una nota di variazione che riduca l’ammontare imponibile o l’imposta dell’originaria operazione». «L’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica tramite SdI – prosegue l’Agenzia delle Entrate – non ha mutato tale previsione, in conformità alla quale il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 89757 del 30 aprile 2018, ha statuito, da un lato, che le regole tecniche stabilite per le fatture elettroniche “sono valide anche per le note emesse in seguito alle variazioni di cui all’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (così dette note di credito o di debito)”; dall’altro, che “le richieste del cessionario/committente al cedente/prestatore di variazioni non sono gestite dal SdI”. Dunque, nelle operazioni tra soggetti passivi d’imposta o tra questi ultimi e i consumatori, lo SdI esclude qualsiasi “richiesta” (da intendersi come documento o nota) non espressamente prevista da una disposizione normativa. Alla luce di quanto sopra, si ritiene che nel nuovo contesto tecnico normativo il comportamento precedentemente posto in essere dall’istante non possa trovare spazio, almeno ai fini IVA. Non si rinvengono invece specifici ostacoli a che le “note di debito” dei cessionari/committenti (analogiche o elettroniche extra SdI) vengano utilizzate ai fini delle imposte dirette, per rettificare, esclusivamente sul piano finanziario, il documento originario, sempre che ciò avvenga in presenza di idonea documentazione».

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