«Seguendo l’alert rilasciato dall’Mhra (l’Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari britannica, ndr) il 27 giugno 2019, in cui si sospettava che i farmaci fossero portati fuori dalla catena di approvvigionamento dei farmaci regolamentati durante la distribuzione e successivamente reintrodotti con documentazione falsificata e senza il “bollino”, le autorità italiane chiedono controlli supplementari sui prodotti oggetto dell’avviso Mhra». È quanto si evince da un documento di “rapid alert” riservato alla filiera, rilanciato da Federfarma, inviato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) alle differenti autorità europee, in seguito ad una segnalazione da parte dell’Mhra, Medicines and Healthcare products Regulatory Agency, vale a dire l’ente regolatorio britannico. Ciò a dimostrazione della presunta esistenza in vita di un possibile traffico di farmaci ad alto costo sottratti all’Italia attraverso le differenti modalità e dunque reimmessi nei sistemi sanitari dei Paesi europei.

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Secondo quanto si evince dal documento, l’alert riguarda diversi farmaci notoriamente soggetti a carenze provenienti dal mercato italiano e destinati a quello anglosassone. Nello specifico, il farmaco Clexane 8000, il Neupro 4mg/24 h e Vimpat 100mg compresse, destinati ad un utilizzo anche in ambito ospedaliero. Altri, invece, come Dovobet Gel, Incruse Inhaler, Provisacor, Seebri e Spiriva, avrebbero trovato la loro collocazione attraverso le farmacie territoriali e dunque diretti ai pazienti sul territorio britannico. Con riferimento all’approvvigionamento dei primi, secondo quanto è possibile comprendere leggendo tra le righe dei documenti citati, si potrebbe ipotizzare che i medicinali siano stati sottratti alle farmacie ospedaliere italiane illecitamente e dunque riconfezionati attraverso società con sede in Gran Bretagna. In alternativa, una seconda ipotesi farebbe pensare che i medicinali venissero mandati all’incasso attraverso farmacie territoriali che dunque li inviavano verso l’estero a società compiacenti. Queste ultime li reimmettevano con un packaging conforme alle leggi locali, rendendone irriconoscibile la presunta provenienza illecita.

Se i fatti venissero confermati, l’episodio rappresenterebbe la punta dell’iceberg di un meccanismo orientato alla generazione di lauti profitti sia per gli invianti, ma anche per i sistemi distributivi d’oltralpe. È utile ricordare infatti che la normativa di alcuni Paesi europei consente l’importazione dei farmaci e l’immissione nei sistemi sanitari locali con un risparmio rispetto a quelli acquistati direttamente dalle aziende farmaceutiche dei governi nazionali. Quanto alla situazione europea, lo scorso 5 luglio la task force istituita dall’Unione europea aveva pubblicato due documenti con la finalità di una migliore comunicazione tra componenti della filiera. Qualche giorno prima, Giulia Grillo, ministro della Salute, aveva convocato un tavolo ministeriale per «superare definitivamente questa piaga». Soluzioni che dovrebbero portare ad un giro di vite e dunque contenere il fenomeno illecito.

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