“Nell’ambito del disegno di legge “concorrenza” che approderà alla riunione del Consiglio dei Ministri il prossimo 20 febbraio, il Governo, per voce del premier e del ministro delle Sviluppo Economico, ha dichiarato che le nuove misure allo studio riguarderanno anche il sistema della dispensazione dei farmaci: settore che, a giudicare la frequenza degli interventi legislativi – spesso contraddittori e controversi – svolge una sorta di irresistibile attrazione fatale su qualsiasi esecutivo.
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In proposito, le sollecitazioni che vengono esercitate sul decisore politico sono molteplici e differenti nel contenuto e nelle finalità sino a configurarsi come obiettivi contrapposti e confliggenti che rendono difficile anche al più attrezzato Kissinger di casa nostra quella mediazione alta che si rende necessaria per tenere assieme, in una sintesi efficace e soddisfacente, le varie esigenze e aspirazioni: quelle necessarie a garantire un welfare equo e solidale, capace di declinare in concreto il primato dei principi costituzionali; quelle di un mercato reso sempre più aggressivo e avido dalle spinte della globalizzazione e dal progressivo riposizionamento dei soggetti economici nel “mercato delle pillole”; quelle dei giovani che cercano occupazione in un comparto penalizzato dal grave squilibrio tra laureati e posti di lavoro; quelle di chi, in farmacia, fa un miracolo ogni giorno per far quadrare i conti tra costi dell’efficienza e contrazione dei ricavi; quelle delle “parafarmacie” un po’ professione un po’ capitali che le “eminenze grigie dietro il trono” vogliono trasformare in cavallo di Troia nel sistema, a tutto vantaggio di esclusivi interessi economici e poco preoccupandosi di salire sulla testa di quegli inconsapevoli professionisti che lor signori dichiarano di voler agevolare e sostenere.
Il percorso che l’esecutivo ha davanti l’esecutivo non è facile e temo che possa complicarsi ancora di più se metterà il piede in fallo, se verrà preferita la deriva disinvolta del demagogico “cambiare per cambiare” al pragmatismo decisionale meditato e se questo verrà condizionato da interessi di parte e da lobby vere o presunte dentro e fuori dal Governo.
Altro auspicio: spero che il caso in esame non si trasformi in un braccio di ferro politico tra differenti sensibilità. Il rischio esiste ed è palpabile. Se ne colgono i prodromi nel dibattito a distanza tra i ministri della Salute e quello dello sviluppo economico a cui hanno fatto seguito la dichiarazioni rilasciate da autorevoli esponenti di organismi dotati di specifiche competenze e responsabilità.
Ecco dunque alcune domande che considero propedeutiche a qualsiasi iniziativa legislativa. Domande che il Presidente del Consiglio ed i suoi ministri farebbero bene a porsi per giungere a determinazioni consapevoli e responsabili.
- Le proposte avanzate al Governo dall’Antitrust (Autorità Garante delle Concorrenza e del Mercato) in materia di liberalizzazioni delle farmacie, hanno tenuto conto che esse sono un presidio socio-sanitario assistenziale che concorre a sostenere il Servizio Sanitario Nazionale in una logica di universalità, solidarietà ed equità?
- Le liberalizzazioni, soprattutto in sanità, sono un fine da raggiungere per soddisfare le pressioni esercitate dal mercato lasciando spazio a obiettivi di natura esclusivamente economica o sono un mezzo per mettere in concorrenza modelli organizzativi omogenei e per garantire benefici all’utente in termini di efficacia, efficienza ed economicità del servizio erogato?
- Nell’erogazione dell’assistenza farmaceutica il fruitore deve essere considerato consumatore o cittadino-utente?
- La capillarità della rete assistenziale delle farmacie è da considerarsi un punto di forza che deve essere salvaguardato perché è una garanzia di equo accesso all’assistenza farmaceutica anche in territori a scarsa densità popolativa, oppure ad essa si può rinunciare a beneficio della concentrazione dei punti vendita in una logica di profitto e, dunque, di mercato? Tale seconda ipotesi consente di garantire i necessari livelli di efficienza del servizio in una logica universalistico di tutela della salute?
- È vero che le ventilate ipotesi di nuove liberalizzazioni del comparto farmaceutico sono sollecitate insistentemente dell’Unione Europea? Se è vero, i paesi dell’ Ue hanno già adottato i provvedimenti legislativi che vengono richiesti all’Italia?
- Prima di promuovere nuovi interventi legislativi nel comparto farmaceutico non sarebbe più sensato valutare le ricadute sanitarie, sociali, economiche e occupazionali determinate dalla Legge n. 27/2012 con cui, tra l’altro, si è disposta l’apertura di circa tremila nuove farmacie le cui procedure di assegnazione sono in fase conclusiva in tutte le regioni?
- Perché l’adozione del sistema di remunerazione della farmacia italiana, così come proposto dall’Antitrust e recepito in apposite norme, continua ad essere differito?
- È vero che circa quattromila farmacie italiane si trovano in condizione di sofferenza economica e un numero cospicuo di esse è prossimo al fallimento?
- La fragilità della rete delle farmacie territoriali può determinare pregiudizio per l’efficienza del sistema assistenziale?
- Le ipotesi di nuove liberalizzazioni possono avere un ulteriore effetto negativo sulla tenuta economica delle farmacie italiane e, conseguentemente, sulla tenuta dell’assistenza farmaceutica che il SSN garantisce sull’intero territorio nazionale?
- È lecito pensare che alcuni potentati economici nazionali e internazionali possano trarre beneficio dal progressivo indebolimento economico della farmacia italiana, essendo potenzialmente interessati ad assumere il controllo del mercato della dispensazione farmaceutica in Italia attraverso un sistema di catene distributive e l’ingresso di società di capitale?
- Quali effetti si produrrebbero nella precedente ipotesi sotto il profilo sanitario, occupazionale, economico, etico?
Mi auguro che a queste domande possano stimolare una riflessione costruttiva.
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