
Lo studio suggerisce perciò interventi mirati per superare tali problemi, da adottarsi e condividere a livello internazionale: «Con specifico riferimento all’Italia, l’Antitrust ha analizzato le dinamiche di offerta e domanda dei vaccini essenziali nel periodo 2010-2015, quando i costi per l’acquisto di questi prodotti da parte del SSN sono stati mediamente di 300 milioni di euro all’anno». L’Autorità ha chiesto in particolare «una maggiore trasparenza informativa, a partire dalla più agevole disponibilità dei dati di aggiudicazione delle gare di appalto, in funzione della loro elaborazione per valutazioni di benchmark, oltre a buone pratiche amministrative». Più nel dettaglio, l’indagine conoscitiva documenta gli effetti positivi della concorrenza sull’andamento dei prezzi nell’interesse dei consumatori: «Risultano emblematici in questo senso i casi dei vaccini anti-papilloma virus e di quelli esavalenti, che costituiscono rispettivamente la terza e seconda voce di spesa vaccinale a carico del SSN (23 e 75 milioni di euro), dove si è assistito alla competizione diretta tra i prodotti di GlaxoSmithKline (Cervarix e Infanrix Hexa) e Sanofi-MerckSharpDohme (Gardasil e Hexyon)». Al contrario, «nel caso dei vaccini anti-pneumococcici, prima voce della spesa vaccinale pubblica (84 milioni di euro), si è registrata invece una situazione di assoluta prevalenza di un prodotto, il Prevenar13 di Pfizer, preferito dalle stazioni appaltanti in quanto offre una copertura vaccinale per più ceppi sierotipici rispetto al prodotto concorrente, il Synflorix di GlaxoSmithKline. In assenza di decisioni ufficiali sull’eventuale equivalenza medica (da cui dipende la sostituibilità commerciale) di vaccini con coperture sierotipiche diverse, si è così assistito al perdurante monopolio di un prodotto».
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