Nel trattamento del diabete di tipo 2, la gestione dell’ipertensione è spesso trascurata, nonostante il suo stretto legame con gravi complicanze cardiovascolari. Un recente studio, condotto dalla Johns Hopkins University, mostra come un intervento alimentare mirato possa contribuire in modo significativo al miglioramento del controllo pressorio.

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Struttura dello studio clinico

La ricerca, denominata DASH4D, è stata condotta tra il 2021 e il 2024 e ha coinvolto 102 adulti con diabete di tipo 2 e valori di pressione sistolica compresi tra 120 e 159 Mmhg. Ogni partecipante ha seguito, in ordine casuale, quattro diverse diete, ciascuna per cinque settimane: una dieta Dash modificata a basso contenuto di sodio, la stessa dieta con sodio più elevato, una dieta americana standard con poco sodio e una con alto contenuto di sodio. Tutti i pasti sono stati forniti direttamente dai ricercatori dello studio, e ai partecipanti non era permesso consumare alimenti esterni. Inoltre, l’apporto calorico è stato regolato individualmente per mantenere il peso corporeo stabile durante tutto il periodo di osservazione.

La dieta DASH4D a basso contenuto di sodio riduce i valori pressori

Tra i regimi alimentari sperimentati, la dieta DASH4D a basso contenuto di sodio si è dimostrata la più efficace nel ridurre i valori pressori. Questo modello nutrizionale, sviluppato specificatamente per soggetti con diabete di tipo 2, prevedeva una minore assunzione di carboidrati, un incremento dei grassi insaturi e un controllo attento del potassio, così da risultare adatto anche a chi presenta una funzionalità renale compromessa. Rispetto alla tipica dieta americana ad alto contenuto di sodio, la DASH4D iposodica ha portato a una riduzione media della pressione sistolica di 4,6 Mmhg e di quella diastolica di 2,3 Mmhg. Il miglioramento è stato osservato già nelle prime tre settimane e si è mantenuto stabile nel tempo. In termini clinici, una riduzione di circa 5 Mmhg nella pressione sistolica nei pazienti con diabete è associata a un rischio inferiore del 14% per ictus, del 6% per eventi cardiovascolari e dell’8% per insufficienza cardiaca.

Effetto complementare della dieta alla terapia farmacologica

Infine, gli autori evidenziano che, nonostante circa due terzi dei partecipanti seguissero già delle terapie antipertensive, l’intervento dietetico ha apportato un beneficio clinico aggiuntivo. La dieta si è inoltre dimostrata ben tollerata, con un’elevata adesione e una quasi totale assenza di effetti indesiderati, confermandone la fattibilità e l’efficacia anche nella pratica clinica quotidiana.

Dr. Paolo Levantino

Fonte: jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/article-abstract/2835080

© Riproduzione riservata

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