Il rischio di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata è presente, sostanzialmente, in tutti i settori produttivi in Italia. E le farmacie non sono esenti dalle mire dei malviventi. A confermarlo è la Relazione conclusiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie, approvata nella seduta del 7 febbraio e presentata il 22 dalla presidente Rosy Bindi.
«Numerose – si legge nel testo – sono le indagini ed i sequestri che denotano cospicui investimenti nella grande distribuzione e in attività commerciali. Vi è un crescente interesse nel settore dello sviluppo delle energie alternative, nell’acquisizione e gestione di società immobiliari, concessionarie di auto e farmacie». La relazione considera inoltre «preoccupanti» le testimonianze arrivate nell’ambito delle indagini svolte dall’autorità giudiziaria, che «denotano forme di infiltrazione anche nella sanità pubblica e privata, ove le organizzazioni mafiose hanno condizionato la corretta gestione di aziende sanitarie pubbliche e case di cura, nonché l’acquisto di partecipazioni o di intere proprietà di laboratori convenzionati». La Commissione Antimafia ha spiegato in proposito di aver «avviato uno specifico approfondimento sulla penetrazione della ‘ndrangheta e della camorra nelle ASL presenti nelle rispettive regioni di tradizionale radicamento, per altro sfociate nel commissariamento di numerose di esse». Ma non è tutto: i parlamentari evidenziano nella relazione che «nel mercato sanitario si concentrano probabilmente i maggiori vantaggi di cui beneficiano le organizzazioni mafiose». E fanno sapere di essere preoccupati soprattutto da quanto avviene in Lombardia, regione che risulta «particolarmente permeabile»: «Nel tessuto sanitario lombardo, vero fiore all’occhiello nell’intero Paese, si segnalano i principali casi di infiltrazione da parte della ‘ndrangheta. Le cosche sono riuscite a inserirsi all’interno di diversi segmenti che compongono il sistema sanitario pubblico e privato: dagli appalti di fornitura alla direzione di importanti Asl, fino all’ingresso nella distribuzione dei farmaci con l’acquisto e la gestione di farmacie. L’aggressione al sistema di welfare è dettata da molteplici interessi, non solamente di natura economica. In questo settore le mafie consolidano ed estendono il loro consenso, indispensabile all’esercizio del potere. In questa logica, la sanità non garantisce solo profitti ma serve anche “a portare voti” e a fornire servizi assistenziali e aiuto alle famiglie, non solo quelle mafiose, che dai paesi del Sud si spostano nei centri d’eccellenza del Nord per farsi curare».
Sul tema in passato era intervenuto il presidente della Fofi Andrea Mandelli, affermando che effettivamente «la farmacia può essere un veicolo di riciclaggio, così come possono esserlo un megastore di elettronica di consumo, una clinica privata e tante altre attività economiche». Nel luglio del 2017, inoltre, la presidente di Federfarma Milano Annarosa Racca aveva commentato un’inchiesta del Corriere della Sera sul possibile interessamento della ‘ndrangheta nelle farmacie lombarde spiegando che per l’associazione è difficile accorgersi di tali problemi. Le farmacie coinvolte in questioni poco chiare, infatti, «in realtà si comportano in modo corretto – aveva spiegato la dirigente – come le altre. Dall’andamento della gestione delle ricette a quello dei rapporti cui i clienti. Per quello che ci riguarda tutto risulta in regola. Né abbiamo mai ricevuto segnalazioni di situazioni sospette o poco chiare».
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