interazioni tra farmaciL’università degli studi di Modena e Reggio Emilia e Federfarma Modena hanno lanciato un progetto di ricerca il cui obiettivo è quello di individuare le interazioni farmacologiche nei pazienti sottoposti a trattamenti politerapici. Il programma è intitolato infatti «Studio sull’intercettazione delle interazioni farmacologiche nelle farmacie di comunità», ed è è stato presentato ieri dai promotori, che ne hanno illustrato i tre elementi-chiave: un database costantemente aggiornato, il contatto quotidiano con la popolazione sottoposta a terapie farmacologiche, la raccolta dei dati e la loro valutazione.
Il progetto prenderà il via a breve e nasce, spiega l’ateneo emiliano, «dalla consapevolezza che nel trattamento dei pazienti sottoposti a cure complesse, è altissimo il rischio che l’interazione fra farmaci conduca a reazioni avverse, le cosiddette ADR – adverse drug reactions – ben note in letteratura scientifica. Studi internazionali dimostrano, infatti, che circa un 5% dei ricoveri ospedalieri è causato dall’insorgere di una ADR e che una significativa parte di esse, soprattutto quelle conseguenti a interazioni tra farmaci, è considerata prevedibile».
Il database – battezzato Interaction Explorer – è stato ideato da Marco Venuta, docente di psicofarmacologia presso Unimore, insieme all’ingegnere Giorgio Fontana e costituirà lo strumento che i farmacisti avranno a disposizione. «Si tratta di un database relazionale, presente sul web – ha spiegato Venuta – che contiene una mole ingente, costantemente aggiornata, di dati sulle interazioni farmaco-farmaco e farmaco-altro principio attivo, e che si basa su quattro fonti: foglietti illustrativi, studi clinici, studi in vitro, case reports. Nasce dall’obiettivo di superare i due principali limiti degli strumenti in uso comune: valutare solo coppie di principi attivi, anche laddove sia indicato che si considerano multiterapie, e non tenere in debito conto i principi attivi non presenti nel prontuario, ma molto presenti nel “real world”. Per farlo, verranno tenute in considerazione le informazioni presenti in circa 2.000 foglietti illustrativi, 9.000 principi attivi, 6.500 valori di AUC ratio, 7.000 costanti di inibizione o induzione. La bibliografia di supporto è inoltre di 4.000 trials clinici».
La successiva analisi sarà poi realizzata dai ricercatori dell’università, coordinati da Nicoletta Brunello, presidente del corso di laurea in Farmacia e da Silvia Alboni, del dipartimento di Scienze della Vita. «La farmacia è un presidio territoriale capillarmente diffuso che offre ai propri utenti informazioni e consigli sulla salute e il benessere. In questa ottica, una diversa valorizzazione dell’attività dei farmacisti territoriali permette un indispensabile secondo livello di monitoraggio sulle prescrizioni, vigilando quando intervengano cambiamenti, indagando attivamente sull’esistenza di reazioni avverse o di effetti collaterali», ha osservato la docente. Le ha fatto eco Silvana Casale, presidente di Federfarma Modena, secondo la quale «il progetto di indagine ci ha visti aderire fin dal primo momento per la sua originalità: è la prima volta che le competenze e il ruolo “sul campo” dei farmacisti giocano una parte fondamentale in un’indagine che punta a dare elementi di conoscenza più approfondita sull’uso dei farmaci».

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