L’utilizzo tempestivo delle glifozine (Sglt2-i), entro due anni dalla diagnosi di diabete tipo 2, migliora il compenso glicemico e inibisce il fenomeno della “memoria metabolica”, meccanismo di danno prolungato legato alle iperglicemie tipiche della malattia. Tra gli outcome, presenti anche effetti positivi sulla riduzione del rischio di evento cardiovascolare. Gli effetti benefici degli Sglt2-i sono stati osservati anche nei soggetti che presentano valori di emoglobina glicosilata (Hba1c) tra il 7-8% o > 8% e un rischio cardiovascolare più alto rispettivamente del 20% e del 34%.

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Lo studio tutto italiano. A rivelarlo è uno studio italiano pubblicato sulla rivista The Lancet Regional Health Europe, che si basa sui dati degli Annali Amd, database dell’Associazione medici diabetologi (Amd) che dal 2006, grazie alla partecipazione e collaborazione di circa 300 centri di diabetologia in Italia, consente di monitorare l’andamento dell’assistenza diabetologica nel Paese. Il lavoro ha preso in esame oltre 250mila persone con diabete di nuova diagnosi, senza complicanze, e ha valutato il rischio di sviluppare complicanze cardiovascolari sulla base dei valori di compenso glicemico nei primi tre anni dalla diagnosi.

Mantenimento dei livelli di Hba1c. L’analisi ha dimostrato l’efficacia protettiva delle glifozine Sglt2-i, il cui effetto protettivo è visibile anche a distanza di molti anni: grazie al database degli Annali Amd, infatti, è stato possibile monitorare l’andamento dei livelli di Hba1c ed è emerso che nei pazienti con emoglobina glicosilata non a target, il trattamento con Sglt2-i entro i due anni dalla diagnosi riesce a ridurre significativamente l’eccesso di rischio cardiovascolare legato allo scompenso iniziale e a mantenere buoni livelli di Hba1c, guadagnando un vantaggio clinico rispetto a chi non è stato trattato con questa classe di farmaci o è stato trattato tardivamente.

Indagato il ruolo degli inibitori Sglt2. Giuseppina Russo e Antonio Ceriello, referenti Amd dello studio, hanno spiegato che «quest’ultima analisi ha esplorato il fenomeno del “legacy effect” o memoria metabolica, cioè l’associazione tra l’inadeguato compenso glicemico subito dopo l’esordio del diabete tipo 2 e il futuro rischio di complicanze». I ricercatori hanno dichiarato che «l’elemento di vera novità dello studio è rappresentato dall’aver indagato, per la prima volta, il ruolo degli inibitori Sglt2 nel modificare questo fenomeno, offrendo una precoce protezione cardiovascolare: un ulteriore elemento a favore di un più diffuso e precoce trattamento con questa classe di farmaci innovativi, armi terapeutiche che possono contribuire a garantire una migliore gestione della malattia e qualità di vita».

Intervenire in maniera tempestiva dopo la diagnosi di diabete. Secondo Graziano Di Cianni, presidente Amd, «l’importante pubblicazione di questo studio sul The Lancet Regional Health Europe testimonia ancora la validità e la rilevanza del database degli Annali Amd, preziosa fonte di informazioni cliniche e sanitarie. I risultati di questo studio ci confermano quanto sappiamo da tempo». Dunque, per Di Cianni «è necessario intervenire in maniera tempestiva dopo la diagnosi di diabete per raggiungere prima un buon controllo glicemico e mantenerlo nel tempo, riducendo così il rischio complicanze cardiovascolari, che rappresentano la prima causa di decesso per le persone con diabete».

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