
«Premesso – spiega Gigli – che non parliamo di una terapia, perché in questi casi non stiamo curando nulla. E premesso che le pillole in questione possono produrre i propri effetti in vario modo, non si capisce perché un farmacista debba essere obbligato a dispensarle. Tra l’altro, la legge in questione è vecchissima: si tratta di un regio decreto che risale addirittura al 1938. Un farmacista dovrebbe poter evitare di dispensare cose che reputa dannose o che contrastano con la propria coscienza».
Il deputato osserva inoltre che «l’obiezione di coscienza è oggi riservata ad alcune circostanze particolari, come il servizio militare, l’aborto e la sperimentazione animale. Ma è chiaro che se possiamo rifiutarci di fare quest’ultima, a maggior ragione ci si dovrebbe poter rifiutare di fornire determinati farmaci. Ci si dovrebbe poter opporre, in nome di un principio di umanità, al diritto positivo. È la forza delle democrazie. Altrimenti si lascia il campo aperto alla caccia all’obiettore in campo medico, ad esempio, e ciò cozza con una visione moderna del diritto». Infine, Gigli, afferma che «benché sia prematuro parlarne perché non è prevista una proposta in materia a breve, mi piacerebbe presentare una legge in proposito. Che dovrebbe in ogni caso essere pensata con particolare attenzione, dosata molto bene».
Da parte sua, il presidente della Fofi Andrea Mandelli aveva dichiarato che «la dispensazione del contraccettivo deve obbedire tassativamente al dettato della normativa vigente, e che qualsiasi violazione della norma deve essere puntualmente segnalata».
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