compugroup medicalNuovo round tra Federfarma e CompuGroup Medical, multinazionale specializzata nella sanità elettronica che in Italia attraverso le aziende controllate Farma3tec, Studiofarma, Qualità in Farmacia e Mondofarma fornisce servizi informatici a più di 13.000 farmacie e guida il mercato con i gestionali Wingesfar, Copernico, Farma3, Avatre e 3Pharm. Il motivo del contendere è, come già accaduto qualche mese fa, un aumento dei canoni mensili per i farmacisti, da parte della software house Qualità in farmacia del gruppo Cgm. Il sindacato dei titolari smentisce «nella maniera più assoluta» che esso sia frutto di una condivisione e ha diffuso una circolare per informare tutti i colleghi. La società – è la contestazione – sosterrebbe di aver deciso la nuova tariffa mensile aggiuntiva dopo «avere intensamente discusso e condiviso i reciproci punti di vista» con Federfarma, che però sostiene che «nei contatti intervenuti non è stata mai raggiunta alcuna intesa in ordine alle nuove condizioni commerciali proposte da Cgm». C’è di più: il sindacato rimarca che «la decisione, ora adottata, di richiedere un nuovo canone di dieci euro deve ritenersi unilaterale e non condivisa con Federfarma», e ha inviato una lettera ufficiale a Qualità in farmacia affinché non applichi «unilateralmente canoni aggiuntivi senza il consenso del cliente» e per chiedere di «non proseguire nel trasmettere comunicazioni riportando fatti non corrispondenti al vero». Anzi, l’organizzazione sindacale arriva a chiedere alla società di rettificare «trasmettendo ulteriori comunicazioni ai clienti nelle quali si dia atto che non sussiste alcun accordo o condivisione di intenti con Federfarma sull’aggiunta di ulteriori canoni».

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Una situazione che riecheggia quanto già andato in scena a inizio anno. A gennaio, come FarmaciaVirtuale.it aveva segnalato ai colleghi, le farmacie servite da CompuGroup Medical Italia Group si sono trovate di fronte alla richiesta di versare un canone aggiuntivo da un minimo di 12,50 a un massimo di 20 euro al mese, a seconda di accordi regionali, per il servizio di “manutenzione del software e assistenza alla ricetta dematerializzata”. «A oggi – aveva motivato la multinazionale – abbiamo assorbito le molteplici e variegate attività fin qui riportate all’interno del rapporto contrattuale che ci lega, stipulato diversi anni fa. A fronte di questa analisi del nostro operato, della nostra disponibilità e professionalità, del nostro impegno, delle attività di sviluppo e supporto che dovremo ancora sostenere nei prossimi mesi e poiché sono state rilasciate all’interno dei nostri gestionali funzionalità a supporto dell’operatività, dei processi delle farmacie e di controllo dei dati ben superiori rispetto alle pure esigenze di legge relative alla ricetta dematerializzata, speriamo che potrà comprendere la nostra richiesta strettamente legata alla mutazione e alla implementazione che su questo progetto abbiamo rilevato».

Un aumento che non era piaciuto a Federfarma, che l’ha bollato come una violazione dei termini del contratto per il quale sarebbe stata necessaria un’esplicita accettazione da parte dei farmacisti clienti, con conseguente richiesta di riconoscere a questi ultimi la possibilità di disdetta del servizio. Cgm, con una nota del 30 aprile inviata ai clienti, ha preannunciato un “nuovo servizio di help desk”, come viene definito dalla società stessa, con nuove assunzioni e investimenti tecnologici per migliorare e velocizzare l’assistenza, e in particolare un numero unico di supporto sulla ricetta elettronica. Per sostenerne i costi la necessità, secondo l’azienda, di introdurre un canone aggiuntivo appunto di 20 euro mensili, con la disponibilità a coprirne per metà l’onere. Insomma, un ridimensionamento della richiesta iniziale, passata ora a 10 euro al mese in ogni regione, all’effettiva partenza della ricetta dematerializzata. Resta da vedere, in questo scontro di carte bollate, chi avrà la meglio tra sindacato e Cgm e se e quanto ai farmacisti toccherà pagare.

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