La depressione maggiore (Mdd) è una delle patologie psichiatriche più diffuse al mondo, con circa 280 milioni di persone colpite. Nonostante l’ampia disponibilità di antidepressivi, meno della metà dei pazienti risponde al primo trattamento, e solo un terzo raggiunge la remissione. Negli ultimi anni, la farmacogenomica (Pgx) si è affermata come possibile strumento per ottimizzare le scelte terapeutiche. Attualmente sono disponibili diversi tipi di test farmacogenomici: test monogenici, che valutano un singolo gene correlato al metabolismo di uno specifico farmaco, test multigenici, che analizzano simultaneamente più geni, test multigenici ponderati, che attribuiscono un peso diverso a ciascun gene in base alla sua rilevanza clinica e forniscono un output integrato per ogni farmaco.
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Disegno dello studio e popolazione analizzata
Proprio su quest’ultima tipologia si è concentrata una recente meta-analisi, pubblicata sul Journal of Clinical Psychopharmacology , che ha valutato se l’impiego di un test multigenico ponderato potesse migliorare i tassi di risposta e remissione nei pazienti adulti con depressione maggiore che avevano già fallito almeno un trattamento antidepressivo. Lo studio ha incluso sei trial prospettici per un totale di 3.532 pazienti adulti. I ricercatori hanno analizzato due endpoint principali: il tasso di risposta, definito come una riduzione di almeno il 50% dei sintomi, e il tasso di remissione, ossia la sostanziale scomparsa della sintomatologia depressiva.
Miglioramento degli esiti clinici e della qualità di vita
I risultati hanno mostrato che i pazienti seguiti con l’aiuto del test multigenico ponderato avevano il 30% di probabilità in più di rispondere alla terapia e il 41% di probabilità in più di raggiungere la remissione rispetto a chi veniva trattato con il metodo tradizionale. Inoltre, questi dati sono risultati coerenti in tutti gli studi, senza differenze significative tra le varie popolazioni analizzate. Oltre al miglioramento clinico, l’uso dei test ha ridotto tempi e incertezze nel percorso terapeutico, favorendo una più rapida stabilizzazione dei pazienti e una maggiore aderenza al trattamento. Ciò si traduce in un miglioramento indiretto della qualità di vita, limitando ricadute, sintomi residui e disagi correlati agli effetti collaterali.
Implicazioni cliniche e prospettive future
La ricerca mostra alcuni limiti, in quanto la maggior parte degli studi inclusi è stata condotta su popolazioni composte prevalentemente da pazienti caucasici e, in diversi casi, con il supporto dell’industria produttrice del test. Saranno quindi necessari ulteriori studi indipendenti e su popolazioni più eterogenee, per confermare e ampliare queste evidenze. In ogni caso, i risultati suggeriscono che l’uso dei test farmacogenomici potrebbe rappresentare un valido supporto per i clinici nella scelta dell’antidepressivo più appropriato, aiutando i pazienti a raggiungere più rapidamente una remissione stabile e migliorando la loro qualità di vita.
Dr. Paolo Levantino.
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