farmacisti volontari«Sono rientrata da pochi giorni da un viaggio di lavoro – o meglio, di aggiornamento professionale – organizzato dalla sezione di Agrigento dell’Associazione Farmacisti Volontari di Protezione Civile della quale faccio parte con i colleghi della mia regione, ovvero della Puglia». Roberta Lupoli, presidentessa dell’associazione, racconta con queste parole la sua esperienza sull’isola di Lampedusa, estremo lembo meridionale del territorio italiano, da anni crocevia delle migrazioni del Mediterraneo.
«Essere lì, il luogo simbolo della tragedia umanitaria legata alle grandi migrazioni, ti fa sentire a disagio già appena arrivi in sala di imbarco per partire alla volta di questa meraviglia della natura. In aeroporto si respira un’aria particolare: drappelli di militari appartenenti a tutti i corpi dello Stato che si avvicendano e danno il cambio, reporter con il loro armamentario e giornalisti che sembrano essere in zona di guerra… O forse anche questa che si gioca sulla pelle di questi esseri umani disperati è una guerra del nostro tempo. Pesano sulla coscienza quei 366 morti in mare abbandonati a mezzo miglio dalla costa in una drammatica giornata di ottobre di due anni fa. Tra queste persone che si recano a Lampedusa, questa volta, ci siamo anche noi, semplici farmacisti volontari che cercano di fare dono della propria professione a chi, in momenti di emergenza, possa trarre conforto anche dalla nostra opera».
Una volta sull’isola, «piano piano ti addentri nella parte interna e meno turistica di questo scoglio in mezzo al mare – prosegue Lupoli – e alla fine trovi il recinto del campo di accoglienza, presidiato ed impossibile da fotografare. In effetti nessuno sbarco c’è stato negli ultimi giorni e così tutto sembra tranquillo, solo i racconti di chi ha vissuto nella notte del 3 ottobre 2013 il terribile naufragio ti fa sentire sulla pelle il brivido della morte. Gente normale, i lampedusani. Gente che ha imparato cosa significa riuscire o non riuscire a salvare un bambino, una donna, un uomo, solo per una scelta del destino, solo perché in quel momento era lì, con il braccio teso nel mare nero di una notte buia, e aveva ancora un piccolissimo spazio per accogliere un essere umano su un’imbarcazione già strapiena. Ecco i racconti di quelli che erano lì quella sera, durante quella notte e poi nelle prime ore del giorno dopo: il dramma di tutti quei morti, mi ha turbato profondamente».
«Questa che stiamo vivendo non è una invasione – conclude la dirigente dei Farmacisti Volontari Puglia-. È quella che storicamente definirei una migrazione. I tanto detti a scuola “corsi e ricorsi storici”. Ecco: questo stiamo vivendo. E questa dovrebbe essere la linea di partenza per accogliere, e non per definire i confini di Stato, per chi, con gli occhi carichi di speranza e non di cattiveria, approda in questa nostra terra alla ricerca di una possibilità di speranza che forse non c’è. Ripartire da Lampedusa, andare via per ritornare a casa, costa davvero. Senti che lasci in questo lembo di terra un pezzetto del tuo cuore e stai meglio solo sapendo che, a questo manipolo di eroi silenziosi dal cuore grande, i lampedusani, la storia ha affidato un compito importante».

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