Se farmacie e parafarmacie possono liberamente vendere online Sop e Otc, il quadro legislativo attuale non consente al farmacista di divulgare in completa libertà contenuti professionali che riguardino farmaci di più svariata natura, attraverso l’uso delle nuove piattaforme online. Il farmacista che intenda svolgere il ruolo sociale non solo off-line, ma anche online, potrebbe essere esposto a diversi rischi ove lo stesso citi, mostri o faccia riferimento esplicito a nomi o marche di farmaci con ricetta. Per approfondire tali dinamiche FarmaciaVirtuale.it ha raccolto l’opinione di Ottavio Ungaro, farmacista territoriale, impegnato in un’attività di divulgazione mediante i canali digitali, principalmente YouTube, verso il grande pubblico.

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Quale è il contesto di riferimento in cui opera il farmacista?

«I farmacisti che decidono di crearsi un’identità online potrebbero correre dei rischi nel parlare di farmaco in maniera esplicita. Al contrario, possono far riferimento ad altre tipologie di prodotti come cosmetici, fitoterapici e categorie merceologiche non proprio vicine al cardine centrale della professione. Parallelamente, spopolano blog, canali social e siti di varia natura, gestiti da persone senza una chiara qualifica professionale. Influencer che diventano vere e proprie “star” del web capaci di condizionare le scelte di consumo degli utenti. Essi parlano di prodotti salutistici, ma anche di farmaci importanti, su cui il farmacista potrebbe dare il proprio contributo e portare avanti un’azione divulgativa concreta».

Quali sarebbero i vantaggi dell’uso “sociale” dei nuovi media?

«I social media consentono la fruizione immediata di determinati contenuti da parte degli utilizzatori e al tempo stesso garantiscono al farmacista un’ampia visibilità, non tanto sotto l’aspetto commerciale – come peraltro avviene frequentemente in numerose realtà – ma per affermare l’autorevolezza nell’ambito professionale di riferimento. Il farmacista dovrebbe essere messo in condizioni tali da poter utilizzare in maniera libera, utile e professionale i social media, ben al di là dell’aspetto commerciale, per parlare del farmaco che è l’argomento principe, di esclusivo appannaggio personale».

E se l’industria assoldasse dei “farmacisti influencers”?

«Al momento il regime sanzionatorio è applicato sulla base delle diverse interpretazioni da parte delle autorità competenti, a mio avviso la normativa non è chiara e probabilmente si è di fronte ad una carenza legislativa. Tuttavia, in virtù delle competenze professionali e della funzione del professionista sul territorio, anche se il farmacista sul web nominasse esplicitamente nomi o marche di farmaci con ricetta nel corso dell’attività di divulgazione, metterebbe comunque il paziente di fronte ad un vincolo nell’acquisizione del medicinale, ovvero la necessità di una prescrizione medica. Dunque, anche se il farmacista volesse influenzare attivamente le scelte di consumo, il paziente comunque non sarebbe in grado di acquisire il farmaco con ricetta, sia off-line che on-line».

In che modo viene scelto un farmaco citato in un determinato contenuto video?

«La scelta del nome di un farmaco citato in un video non è certamente dettata da dinamiche commerciali ma si parte da un dato statistico di riferimento, ovvero – in un determinato ambito – quale sia il farmaco più frequentemente usato dai pazienti. Si tratta dunque di svolgere la propria attività professionale, con l’unica differenza di rivolgersi ad una platea ben più vasta di quella presente sul territorio. Ciò ripercorrendo una dinamica che il farmacista segue decine di volte al banco: mostrare gli effetti collaterali di un farmaco, l’eventuale uso improprio ed eventuali controindicazioni. Basti pensare che se entra un paziente cronico in farmacia e gli si cita a voce un principio attivo, senza mostrargli la scatola, egli non associa correttamente il nome al farmaco che assume. Invece, il formato grafico della confezione e probabilmente il nome commerciale, aiutano a riconoscere il farmaco che prende tutti i giorni. Il paziente non ha la stessa cultura del farmacista e solo un professionista può fare da intermediario rispetto a terminologie tecniche e di difficile comprensione».

Quale è la sua idea in merito alla presenza online del farmacista?

«Avere una presenza online è un modo utile e professionale per entrare anche negli affetti delle persone che giorno dopo giorno si fidano del farmacista non solo per ciò che svolge sul territorio ma anche per l’attività divulgativa sul web. I social, in altre parole, se usati bene, contribuiscono a mio avviso al recupero dell’autorevolezza che il farmacista in questi anni ha perduto. I farmacisti dovrebbero sfruttare questa opportunità. Mi riferisco all’aspetto puramente divulgativo e non commerciale».

Ci spieghi meglio…

«Il lavoro del farmacista è “social” per eccellenza, perché ogni giorno entra in contatto con decine, centinaia di persone con cui si rapporta secondo determinati criteri di relazionamento. È giusto che riesca a sfruttare il potenziale delle nuove tecnologie per proseguire online il suo lavoro “social”. Il farmacista non può restare chiuso nelle mura della farmacia, magari anche con il banco che lo separa dal pubblico. Barriere fisiche e non, costruite negli anni, che devono essere ad ogni costo eliminate. Uno dei modi che ha un farmacista per eliminare queste barriere, oltre a presidiare il territorio, è l’uso di piattaforme come YouTube, Instagram, Facebook, al di là dello spazio fisico e temporale».

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