Farmacie, fino a che punto può spingersi la “diversificazione”?

Nelle scorse settimane hanno destato scalpore due notizie provenienti da altrettante farmacie. La prima a Milano, dove un esercizio ha deciso di aprire un bar affiancato al banco dove vengono dispensati i farmaci, offrendo ai clienti non soltanto questi ultimi ma anche caffè e brioches. La seconda a Pescara, dove un titolare ha annunciato attraverso un post su Facebook la possibilità «da lunedì 22 febbraio qui in farmacia di pagare i bollettini postali con solo 1,30 euro di commissione», nonché di effettuare «ricariche di cellulari e delle principali carte prepagate». Tutto ciò ha suscitato critiche e diviso gli stessi clienti (come è possibile evincere dalle loro reazioni sul social network, estremamente diverse tra loro, all’annuncio della farmacia abruzzese). Ebbene, dopo questi episodi, alcuni farmacisti hanno ricevuto proposte di “diversificazione” delle proprie attività che possono lasciare altrettanto perplessi, per ragioni analoghe a quelle riportate in precedenza. Ad esempio, un’azienda specializzata nella distribuzione di prodotti farmaceutici propone di vendere all’interno delle farmacie un noto prodotto di pasticceria tipico del periodo (Zeppole di San Giuseppe), preparato senza glutine, al fine di poter essere dispensato (pardon: servito) alle persone affette da celiachia. È possibile ordinarlo e vederselo recapitato in pochi giorni. Non si tratta qui di giudicare un’iniziativa commerciale che è in sé legittima. Ma sarà naturale aspettarsi che se qualcuno la accoglierà nella propria farmacia, ciò contribuirà molto probabilmente ad alimentare le polemiche che hanno accompagnato i casi di Milano e Pescara. L’offerta di nuovi servizi in farmacia è senza dubbio il futuro della professione, ma occorre chiedersi quale sia il tipo di innovazione sul quale la categoria vuole puntare.