Non bastavano Casinò prima e Actv adesso, per il Comune si apre anche il fronte delle farmacie. Ieri 13 su 15 di quelle comunali hanno abbassato le saracinesche: il primo sciopero in cinquant’anni. La protesta era nazionale, otto ore di black out contro la disdetta del contratto di lavoro dei dipendenti delle farmacie pubbliche italiane, ma […]
Non bastavano Casinò prima e Actv adesso, per il Comune si apre anche il fronte delle farmacie. Ieri 13 su 15 di quelle comunali hanno abbassato le saracinesche: il primo sciopero in cinquant’anni. La protesta era nazionale, otto ore di black out contro la disdetta del contratto di lavoro dei dipendenti delle farmacie pubbliche italiane, ma Cgil e Cisl veneziane hanno presentato una diffida a Ames, la società del Comune che le gestisce e chiamano in causa anche Ca’ Farsetti. Contro Ames, i sindacati sollevano questioni di opportunità e legittimità perchè i contratti individuali sono stati sostituiti da un «regolamento interno» modellato sul contratto dei dipendenti delle farmacie private. Contro il Comune, i sindacati obiettano che la scelta di penalizzare i dipendenti delle farmacie pubbliche è tutta politica: Ca’ Farsetti deve richiamare la partecipata a una gestione diversa da quelle private. Ma Giampiero Marchese, amministratore delegato, e tornato da poco in Consiglio regionale sui banchi del Pd, obietta: «Il costo del lavoro nelle farmacie pubbliche non può superare quello delle farmacie private». E i dati dicono che la crisi ha pesato anche sulle farmacie: con la sola ricetta rossa, quella della prescrizione del farmaco , l’azienda è passata in cinque anni dal 50 al 34 per cento degli incassi e ogni anno, le farmacie perdono il 6 per cento. Davanti all’assemblea dei lavoratori, ieri i sindacati hanno presentano la loro lista dei conti. «Il regolamento comporta un centinaio di euro in meno sulla busta paga base per i neo assunti, l’azzeramento degli integrativi, l’orario di lavoro aumentato di due ore settimanali da 38 a 40, compensato in busta paga con i riposi aggiuntivi, ritoccati i turni notturni, addio ai buoni pasto, e i giorni di ferie che passano da 30 a 26», riassume Andrea Brignoli di Filcams Cgil. «La diffida serve per poter impugnare a livello legale i diritti acquisiti che i lavoratori hanno perso, perché ormai anche il pubblico ragiona come i padroni: l’amministratore delegato è tanto più bravo quanto più fa quadrare i conti – prosegue – forse è ora che sia il management a tirare un poco la cinghia». Tra i quaranta dipendenti che hanno affollato l’assemblea sindacale in via Ca’ Marcello, si alza una voce: «Ames non è in perdita, vogliamo vedere tutti i conti: dalle mense alle farmacie». Marchese, però, ribatte punto su punto, a iniziare dal suo di stipendio. «A chi pensa che sia quello il problema dico che è inferiore a quello di certi farmacisti e che l’intero consiglio di amministrazione costa 100 mila euro lordi – spiega -. Due anni fa la stessa cifra era per lo stipendio dei soli presidente e direttore. I nostri conti sono consultabili, per chi vuole, in Camera di commercio». Poi le considerazioni si allargano all’orario: «I recuperi non vengono sottratti ma aggiunti al monte ore dei dipendenti, nessuno tra i già assunti avrà decurtazioni nello stipendio e siamo talmente cattivi che abbiamo confermato il premio di produttività. Certo, il sindacato dice che abbiamo unilateralmente scelto di agganciarci al contratto dei privati, ma a quale dovevamo guardare? Li abbiamo invitato per due volte in due mesi al tavolo negoziale ma hanno sempre dietro il paravento del rinnovo del contratto nazionale». La crisi e i minori incassi ci sono. «Nonostante questo le teniamo aperte e non lasciamo nessuno a casa», precisa l’amministratore delegato. La prossima tappa sarà in seconda commissione comunale, ma i sindacati chiedono in assemblea con i dipendenti chiedono notizie sul futuro management: «Sarà ancora Marchese l’ad? Pensa ad Ames o al Consiglio regionale?». Lui risponde: «Lo sciopero è azionale, le mie vicende non c’entrano nulla»
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