La Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, dopo diversi rinvii, ha indicato nella giornata di mercoledì 18 aprile 2018 la propria opinione in merito all’attuazione della sperimentazione per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali previste dall’art.1 del DL del 3 ottobre 2009 n° 153, ovvero la farmacia dei servizi. Lo schema di decreto predisposto dal ministero della Salute, come noto, individua infatti nove regioni nelle quali si dovrebbe attuare la fase di test: l’idea è di partire con Piemonte, Lazio e Puglia, quindi di proseguire con Lombardia, Emilia-Romagna, Sicilia, Veneto, Umbria e Campania.
Tuttavia, le Regioni escluse hanno alzato la voce in seno alla Commissione. Franco Pacenza, delegato dal presidente della Regione Calabria Mario Oliverio, ad esempio, ha spiegato che estendere a tutto il territorio nazionale la sperimentazione è necessario «anche al fine di contrastare un approccio sempre più odioso e di alimentare processi che vedono sempre più territori a due velocità. Vanno garantite pari opportunità a tutti i cittadini, a partire dai territori che dispongono di minori servizi e territori frammentati». Un punto di vista che alla fine è stato condiviso all’unanimità dalla Commissione, che ha subordinato il proprio ok proprio al fatto che «le Regioni escluse siano ugualmente inserite nella sperimentazione, attivando apposite risorse dagli obiettivi di Piano previste nel Fondo Sanitario Nazionale. Ciò, al fine di garante pari opportunità a tutti». Intervistato sul tema dal nostro giornale, il presidente di Federfarma Palermo – Utifar, Roberto Tobia, ha sottolineato che, grazie alla farmacia dei servizi, verrà di fatto introdotto «il modello della “pharmaceutical care”, che assegna al farmacista in farmacia, in collaborazione con il medico di medicina generale, il compito di prendere in carico il paziente cronico e di seguirlo nel suo percorso terapeutico, con l’obiettivo di aumentare l’aderenza al piano di cura prescritto, di evitare un cattivo utilizzo dei dispositivi medici e di diminuire successivi quanto costosi ricoveri, cosiddetti “impropri”».
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