È ormai da tempo uno dei tempi caldi per il settore farmacia, e forse qualcosa inizia a muoversi. Il presidente della Federazione degli ordini, Andrea Mandelli, ha fissato per il 23 ottobre un incontro nella sede di Fofi a Roma sul tema della previdenza a cui sono stati invitati i principali attori del mondo della farmacia, dalle rappresentanze sindacali alle parafarmacie, all’Enpaf stessa. L’appuntamento, come si legge nella lettera di convocazione, è «in considerazione delle sollecitazioni formulate da organismi di categoria e dall’Ordine interprovinciale dei farmacisti di Bari e Barletta-Andria-Trani in merito all’opportunità di avviare un confronto su alcune questioni attinenti alla materia previdenziale». Il riferimento è alla lettera inviata recentemente dal presidente dell’ordine pugliese, nonché vicepresidente di Fofi, Luigi d’Ambrosio Lettieri, all’ente previdenziale con l’appello a trovare una soluzione riguardo al versamento delle quote di iscrizione all’Enpaf da parte dei colleghi disoccupati. La disoccupazione ormai anche nel mondo della farmacia è diventata di lungo periodo e investe un numero sempre maggiore di professionisti. «La possibilità – scriveva d’Ambrosio Lettieri nel suo appello – riconosciuta ai colleghi disoccupati di versare un contributo minimo dell’l%, tra l’altro non utile ai fini previdenziali, limitatamente a un periodo complessivo non superiore a 5 anni, alla luce della profonda e perdurante crisi economica in cui versa il Paese, pur rappresentando un segnale importante, oggettivamente è divenuto oggi un beneficio insufficiente, soprattutto nei casi in cui la perdita di un posto di lavoro o l’impossibilità di trovarlo comportano sempre più spesso il superamento del limite temporale previsto dal regolamento dell’ente». La risposta dell’Enpaf non si era fatta attendere: il presidente Emilio Croce aveva concordato a stretto giro sul fatto che «non c’è dubbio che il nostro settore stia attraversando uno stato di difficoltà», ma con dei distinguo e sottolineando per contro le criticità nel porre in essere degli interventi correttivi. Intanto, all’ente previdenziale i disoccupati iscritti risulterebbero circa 5400, vale a dire il 6% dei contribuenti, in calo negli ultimi sei mesi del 10%. Un dato che se da una parte potrebbe indurre a un cauto ottimismo su una possibile ripresa del settore, dall’altro potrebbe riguardare invece il fatto poco incoraggiante che alcuni colleghi hanno cancellato la propria iscrizione all’Enpaf. Croce aveva inoltre ricordato come l’ente sia sotto controllo ministeriale e obbligato al rispetto di vincoli di bilancio: la cassa «aveva ridotto di recente l’entità della contribuzione di solidarietà dal 3% all’1%, proprio per alleviare ulteriormente la posizione degli iscritti disoccupati. Allo stato attuale, non è invece possibile allungare oltre i cinque anni il periodo temporale massimo nel quale l’iscritto può usufruire dell’agevolazione contributiva. L’intervento infatti richiederebbe un equilibrio del saldo previdenziale». Il problema è cioè che, per compensare eventuali maggiori uscite a sostegno dei colleghi disoccupati, sarebbe necessario un aumento del versamento dei contributi da parte degli altri iscritti. Allungare da 5 a 7 anni il periodo di contribuzione minima per i disoccupati, stima infatti l’Enpaf a mo’ di esempio, comporterebbe un aumento dei contributi per gli altri di circa 35 euro all’anno. La questione è evidentemente delicata e di non facile soluzione, l’auspicio è che dal tavolo del 23 ottobre possano uscire fuori delle proposte perseguibili.
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