Le possibili ripercussioni derivanti da un cambio dello scenario politico, sociale ed economico nazionale, interessano inevitabilmente anche il segmento delle farmacie. Se per anni gli esercizi territoriali hanno fondato il loro sviluppo grazie all’esclusiva territoriale e distributiva, al giorno d’oggi sempre più attività faticano per vedere assicurata la loro sostenibilità e spesso la sopravvivenza. Sebbene siano ancora da chiarire gli effetti a lungo termine dell’approvazione nel luglio del 2017 della legge 124, ex disegno di legge sulla Concorrenza, sono vari gli interrogativi a cui un farmacista di titolare di farmacia potrebbe essere portato a riflettere. L’apertura del settore ai capitali potrebbe, o non, costituire un elemento tale da condizionare il processo decisionale? Quali sono le motivazioni che spingono un farmacista titolare alla cessione dell’attività? Come matura la decisione per accelerare il cambio di guardia? A provare a dare una risposta ad una dinamica complessa sotto vari profili è la lettera giunta a FarmaciaVirtuale.it di un ex titolare farmacista di cui si omettono i riferimenti.

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«Ho una certa età – si legge nella missiva del farmacista -, ma non è quello il motivo per cui ho ceduto: il lavoro mi piaceva, andavamo di comune accordo con i collaboratori. La mia attività seguiva le linee professionali che dovrebbe seguire ogni farmacia, tra cui consiglio professionale, focalizzazione sulle tematiche attinenti alla ricetta medica e dunque alla salute e ciò che è legato alla professione». Tuttavia, evidenzia il farmacista, «dopo anni mi sono reso conto che la farmacia era cambiata. Quando è iniziata la politica dello sconto, proprio come la grande distribuzione, ho incominciato a riflettere seriamente. Nel frattempo il sistema del consumo, con forte spinta proveniente da oltreoceano, si orientava sempre di più alla ricerca della competitività più efferata, con politiche oggetto di interesse del capitale. Da un lato tutti ad acquistare su Internet, dall’altro molti colleghi volevano vendere online. Tutti seguivano le politiche che i media e il capitale hanno riversato sul sistema farmaceutico».

«Diciamolo chiaramente – chiosa il farmacista -, oggi la farmacia è diventata una rincorsa allo sconto: il cliente fa zapping e spesso viene solo per pagare un euro in meno. Dopo non lo vedi più. Questa per me è una sconfitta della professione. Il servizio una volta offerto da molte farmacie, intendo dire la consulenza, l’ascolto, la professione, ormai è stato superato finanche dalle parafarmacie: i farmacisti che operano in questi esercizi che la legge chiama “di vicinato” hanno un atteggiamento molto più professionale, dovendo “coccolare” maggiormente il cliente. Puntano sulla relazione, avendo bisogno di ingressi che in farmacia sono automatici perché c’è ancora quel poco di ricetta Ssn».

Ciò in contro-corrente con quanto sta accadendo nel settore della farmacia: «C’è anche da dire – scrive il farmacista – che come oggi esiste la ricetta medica dematerializzata, domani esisteranno le vending machines automatizzate e chiunque potrà distribuire il farmaco, facendo ulteriormente perdere al farmacista la propria connotazione geografica. Se il farmacista in Italia propone ciò che proviene da oltre oceano, mi riferisco anche alle modo di consumo, ma anche a luoghi dove le condizioni sociali geografiche e topografiche, sono diverse, allora i sistemi diventano insostenibili». Con eventuali conseguenze sul contesto territoriale: «Dove c’è una farmacia che godeva di un flusso derivante dalla vetrina del passaggio pedonale, non ci sarà più un passaggio».

«Ho capito – sostiene il farmacista – di non essere più in linea con quella visione. Per adeguarmi a ciò che stava accadendo avrei dovuto fare un cambio radicale di mentalità. Questa condizione – prosegue – mi ha aperto all’idea di cedere. La cosa non è stata facile: farò bene, farò male? Si entra in una continua riflessione, giorno e notte. La persona interessata trovata va bene, non va bene? Quando poi si arriva alla decisione definitiva, si sceglie finalmente di andare avanti. Una volta che il dato è tratto, il fisico si adatta, la mente diventa più leggera, le tensioni diminuiscono».

«Devo dire che prima di cedere – aggiunge – ho valutato l’opportunità di affiliarmi ad una rete. Nella mia esperienza ho avuto modo di conoscere tante “reti” ed ho notato che la rete, per necessità di esistenza propria, ti avvicina si, ma è vero anche che ti blandisce con l’intento di omogeneizzare al suo il tuo operato e pensiero gestionale, il che equivale a dire toglierti la tua indipendenza».

Ebbene, conclude il farmacista, «ho ceduto la farmacia perché dopo anni di titolarità mi sono accorto che è diventata un’entità diversa da quella in cui credo. Per metabolizzare il cambiamento in corso avrei avuto bisogno di molto tempo. In più, sono in completo disaccordo con le aspettative della politica del settore. Ora che ne sono fuori e posso osservare dall’esterno mi rendo conto che il mondo che circonda la farmacia sta piano piano erodendole quella professionalità che è stata per decenni il fiore all’occhiello della farmacia italiana. Sono contento di aver fatto questa scelta».

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