Il Dl 35/2012, dopo una difficile fase di avvio e un’altrettanta difficile conversione, è divenuto legge dello Stato. Servirà a dare fiato all’impresa privata creditrice della Pa, altrimenti a rischio di fallire per crediti difficili da esigere. Dio solo sa quanto ce ne fosse bisogno, specie nella Sanità. Tuttavia, ci vorrà un altro sforzo a prevedere, in tal senso, una maggiore disponibilità finanziaria per soddisfare gli insoddisfatti. Occorrerà, poi, riformare il sistema della salute per far sì che venga sostenuta la Sanità pubblica e correttamente retribuita quella privata. Ebbene sì, oltre al sistema pubblico che è alla ricerca delle risorse per ben funzionare, c’è una Sanità privata che arranca perché non ha più energia per auto-sostenersi. Non incassa ciò che le è dovuto legittimamente perché le Regioni non hanno disponibilità sufficienti e hanno tanto debito pregresso da ripianare. Troppi gli errori di ieri. Primi fra tutti, gli erogatori privati sono stati pagati (molto) più del dovuto. La corresponsione degli extrabudget milionari è stata di moda in una gran parte del Paese. Nonostante ciò le imprese attive nel sistema salutare sono in crisi profonda, perché disabituate a fare i conti con i budget reali. Dunque, con il ritorno all’ordinario, legittimamente inteso nel senso di essere rispettoso del limite dei pagamenti fissati con i budget, sono sopravvenute le crisi, che hanno colpito soprattutto le aziende accreditate poco accorte. Erano e sono in tante. Basta fare la conta, tra quelle a conduzione laica e religiosa, di quelle defunte e di quelle decotte per farsi l’idea di ciò che è accaduto. Sono precipitati persino alcuni santuari dell’assistenza. Insomma, gli imprenditori accorti hanno resistito, anche se a fatica. I prenditori, dopo gli scialacquii che il sistema ha spesso consentito, hanno perso. Con essi hanno perduto il lavoro in tanti, nonostante le professionalità acquisite. Non è andata meglio alle farmacie. Ideologicamente colpite da una politica che, invero, le conosce poco. Ma anche perché anch’esse affette dal tremendo vizio di non seguire le rigide regole della sana imprenditoria nella gestione delle risorse aziendali. Quindi, allorquando si è verificato che al periodo delle “vacche grasse” è doverosamente succeduta l’austerity sono stati in pochi a trovarsi bene. Principalmente, ci sono tantissime case di cura private, piccole e grandi, e numerosissimi esercizi farmaceutici a patire una aridità di risorse che non ha eguali. Di conseguenza, si registra un forte incremento di fallimenti e un consistente ricorso a procedure di concordato preventivo, nelle sue più variegate configurazioni. A margine, l’inimmaginabile (o forse no). Una forte presenza di “finanzieri” organizzati che aggrediscono l’aggredibile. I modi sono tanti. Quelli più di moda partono dall’assunzione dei debiti concordatari, a fronte dell’acquisizione “benevola” della proprietà dell’azienda inguaiata, con accreditamento/contratti per le case di cura e con titolarità per la farmacia, ovviamente, al seguito. Passano per la costruzione di strategie pseudo consortili tendenti a indebitare gli ignari, più di quanto lo siano, tanto da costringerli a vendite riparatorie. Fino ad arrivare a veri e propri espropri. Su tutto, è dato credere un verosimile interesse organizzato di provenienza anche sospetta. La Sanità ha cominciato a fare gola anche agli ambienti malavitosi. Occorre arginare tutto ciò. La soluzione è riportare le condizioni retributive alla normalità e, forse, avere il coraggio di riformare strutturalmente il Ssn. Ettore Jorio Università della Calabria © RIPRODUZIONE RISERVATA

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