In sede di audizione presso la commissione politiche dell’Unione europea della Camera, l’associazione Egualia ha espresso forti perplessità in merito all’implementazione della Direttiva sulle acque reflue urbane. La richiesta principale avanzata dall’organizzazione portatrice di interessi dei produttori di farmaci equivalenti, biosimilari e value added medicines consiste in una sospensione dell’applicazione della normativa, in attesa di una nuova valutazione di impatto a livello comunitario. Secondo Egualia, lo studio di fattibilità su cui si basa la direttiva presenta diverse lacune. La norma, che istituisce un sistema di responsabilità estesa del produttore, imporrebbe esclusivamente ai settori farmaceutico e cosmetico di farsi carico dei costi per l’adeguamento e la gestione di numerosi impianti di depurazione in Europa.

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Rischio di conseguenze non volute

Michele Uda, direttore generale di Egualia, ha evidenziato che «condividiamo senza esitazioni l’obiettivo di fondo: ridurre la presenza di microinquinanti nelle acque ma le modalità proposte dalla Direttiva rischiano di generare conseguenze non volute e sproporzionate in particolare per il comparto dei farmaci equivalenti, che fornisce ogni giorno milioni di trattamenti essenziali a prezzi accessibili e che verrebbe colpito in modo eccessivo e ingiustificato».

«Priorità assoluta di un medicinale è l’efficacia clinica e la sicurezza per il paziente»

Secondo Uda «il farmaceutico non ha oggi la possibilità di sviluppare farmaci “più ecologici”, modificando a piacere la struttura chimica delle molecole. La priorità assoluta di un medicinale è l’efficacia clinica e la sicurezza per il paziente. Qualsiasi cambiamento nella molecola attiva altererebbe il profilo terapeutico, richiedendo nuovi lunghi percorsi autorizzativi e, nella maggior parte dei casi, rendendo impossibile mantenere l’indicazione clinica originaria. Questo significa che i medicinali non sono sostituibili sulla base di criteri ambientali, come accade invece in altri settori merceologici».

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