ddl concorrenzaNell’audizione tenuta il 12 novembre 2015 presso la commissione Industria del Senato, nell’ambito della discussione sul Ddl Concorrenza, la Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani è intervenuta ricordando, dapprima, i principali contenuti del provvedimento. In particolare, ovviamente, quelli legati al mondo della farmacia, ovvero le disposizioni contenute negli articoli 48 (“Misure per incrementare la concorrenza nella distribuzione farmaceutica”) e 49 (“Orari e turni delle farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale”).
La Fofi ha espresso «la propria contrarietà in merito all’ingresso dei capitali nella titolarità delle farmacie. Anche i giudici europei, con la sentenza del 19 maggio 2009 nella causa C531/06 (Commissione Europea vs. Italia), nel confermare la legittimità della riserva della titolarità, hanno affermato che “a differenza dei farmacisti, i non farmacisti non hanno, per definizione, una formazione, un’esperienza e una responsabilità equivalenti a quelle dei farmacisti. Pertanto si deve constatare che essi non forniscono le stesse garanzie”. Dal canto suo, la stessa Corte costituzionale ha ribadito, in più occasioni, che il servizio gestito dalle farmacie è “preordinato al fine di assicurare una adeguata distribuzione dei medicinali, costituendo parte della più vasta organizzazione predisposta a tutela della salute” (sent. n. 430 del 2007)».
Secondo la Federazione, dunque, «la riserva della titolarità delle farmacie ai farmacisti rappresenta una misura giustificata, proporzionata ed idonea al perseguimento dell’interesse pubblico ad una corretta erogazione dell’assistenza farmaceutica ai cittadini. Riteniamo pertanto che il principio della riserva della titolarità ai farmacisti costituisca un valore di garanzia per l’intero servizio farmaceutico nazionale, che dovrebbe essere preservato nell’ottica di assicurare la miglior prestazione professionale ai pazienti». La Fofi ha quindi ricordato un’indagine condotta dalla commissione Igiene e Sanità del Senato, secondo la quale la rete delle farmacie attuale è in grado di scongiurare efficacemente la commercializzazione di medicinali contraffatti: «Per questo chiediamo che sia acquisito anche l’autorevole parere del Procuratore nazionale antimafia su tale tema», anche in merito alla «sussistenza del rischio di diffusione del fenomeno di riciclaggio di denaro illecito per verificare che, anche con l’ingresso dei capitali, possano continuare ad essere garantite le medesime condizioni di sicurezza a tutela dei cittadini». «Infine – è stato aggiunto – va considerato che l’ingresso delle società di capitali inciderà anche sull’assetto previdenziale della professione e sulla tenuta economica dell’Ente di previdenza, generando un disequilibrio le cui conseguenze sono molto difficili da prevedere. La proposta prioritaria della Federazione è, pertanto, quella di mantenere l’attuale assetto ordinamentale».
Quanto al lato più economico della questione, la Federazione degli Ordini ha spiegato che «la multiproprietà delle farmacie determina la nascita di catene di farmacie. Analogamente all’integrazione verticale, anche quella orizzontale può restringere la libertà professionale dei farmacisti e portare una perdita del rapporto fiduciario con i pazienti, a causa di una maggiore mobilità di personale». E qualora si insistesse con l’apertura al capitale, «sarà necessario prevedere un limite di partecipazione per i soci di capitale analogo a quello stabilito per le altre società di professionisti». Inoltre, al fine di garantire il puntuale recepimento di tutte le novità normative, sarebbe comunque utile «il differimento di almeno un anno dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni».
In conclusione, la Fofi ha spiegato che «non si intende esprimere contrarietà preconcetta rispetto alle innovazioni, ma non è possibile ammettere che tutto si riduca all’economia, perché il bene fondamentale che in questa sede rileva è la tutela della salute di cui l’assistenza farmaceutica ai cittadini è parte fondamentale. Pertanto, un intervento che appare necessario è quello di individuare criteri e modalità che garantiscano la professionalità delle prestazioni erogate e la tutela della salute dei cittadini. A tal fine, sarebbe opportuno istituire un Albo delle società titolari di farmacia per un controllo disciplinare delle relative attività e rendere omogenea la normativa prevista per le società titolari di farmacia con quella delle società tra professionisti di cui al decreto ministeriale 8 febbraio 2013, n. 34, attuativo della legge n. 183/2011. Sarebbe surreale pensare che l’ingresso di un socio di capitali estraneo alla professione non abbia conseguenze sul rapporto tra il cittadino e il farmacista. Un farmacista che si troverebbe a dover rispondere a chi vuole esclusivamente, e comprensibilmente, un ritorno sull’investimento. La sanità non è un pezzo di mercato, ma una parte fondamentale del patto sociale che richiede un approccio ponderato ed accorto, pena un danno per la salute dei cittadini».

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