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Dopo un lungo periodo di “retorica del baratro”, in cui si parlava dei rischi di tracollo per il Paese, ultimamente il leit motiv sembra essere l’opposto: l’Italia starebbe uscendo dalla crisi. Abbiamo perciò chiesto ai colleghi di indicare se ritengano che effettivamente il periodo più difficile sia ormai passato, se sia avviato a una soluzione, o al contrario se sia ancora pienamente in corso o, peggio, se sia destinato a continuare. Tra gli aspetti critici principali in cui si è declinata la situazione del settore negli ultimi anni, quelli più spesso evocati sono stati la disoccupazione e la sottoccupazione, soprattutto giovanile; la perdita di ruolo e immagine, e quindi di rilevanza, anche economica, della farmacia e dei farmacisti; l’obbligo di contribuzione all’Enpaf per gli iscritti all’Ordine; gli interventi legislativi, spesso disorganici e incongruenti. Ma quali sono secondo i colleghi i problemi più gravi che affliggono la professione? Abbiamo quindi chiesto di esprimersi indicandoli per ordine di importanza.
E ancora, in un quadro in cui si è spesso e volentieri giocato allo scarica barile, chi è visto come il maggiore responsabile della crisi occupazionale attuale? La politica, e cioè il Governo e il Parlamento, o le Regioni; gli ordini, e quindi la Fofi; la gestione sindacale di Federfarma, oppure quella previdenziale dell’Enpaf? Ma soprattutto, i colleghi si sono fatti un’idea delle possibili ricette per uscire dal tunnel? Ecco allora, tra le eventuali strade tra cui è possibile scegliere, il vincolare il numero di farmacisti al fatturato Ssn; migliorare i canali di interscambio tra domanda e offerta di lavoro; intensificare la lotta all’abusivismo professionale; ampliare la rosa di competenze e professionalità del farmacista.
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