«Chiedo aiuto per tutelare la salute dei farmacisti dipendenti (e dei loro assistiti)». È con queste parole che comincia la lettera, accorata, inviata da un farmacista alla nostra redazione, nella quale non si lesinano critiche alle associazioni di categoria e agli ordini professionali della categoria per le scelte operate nell’ambito dell’emergenza coronavirus. «Dicono – spiega il farmacista – di battersi affinché i farmacisti siano tutelati nel migliore dei modi. Hanno finto di interessarsi scrivendo al prefetto che ci dà, ad oggi, la possibilità di operare a battenti chiusi se necessario, ma ovviamente i titolari per lo più non lo accettano, adducendo le più disparate motivazioni. E così si delinea uno scenario surreale: si perde tempo prezioso, quando in realtà servirebbe, una volta ottenuto il nulla osta dal prefetto, che si obbligassero le farmacie a lavorare a battenti chiusi».

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«Noi – prosegue il professionista – non pensiamo alla nostra salute, bensì a quella dei nostri clienti, spesso molto più vulnerabili di noi. Possiamo e vogliamo essere un presidio fondamentale per la comunità, specie in relazione alle serie difficoltà e criticità che ospedali e medici di base stanno affrontando in questo preciso istante. Siamo in prima linea sul territorio, nonostante un contratto scaduto da sette anni ed uno stipendio incongruo. Siamo in prima linea per i cittadini, nonostante tutto. Agevolare l’accesso alle terapie croniche, informare, istruire e alleviare le preoccupazioni del cliente è la nostra missione, il nostro compito. Con l’unica ragione di amare un lavoro che si configura più come una vocazione, giacché sempre più sottostimato, mal retribuito e vessato. Farmacisti si è nell’animo, lì dove alberga il più profondo spirito di sacrificio e senso di soddisfazione quando riusciamo a consegnare la proverbiale “scatoletta di medicinale”, caricandola di un valore altamente simbolico che esprime tutta la libertà di poter accedere alla cura dei propri mali. Senza distinzione alcuna. Ma non vorremmo nuocere. Mai. Non lo perdoneremmo mai a noi stessi, come categoria intera».

Di qui la richiesta: «Aiutateci ad essere di aiuto. Veramente. Ma solo ed esclusivamente nel modo migliore. È una richiesta vitale, è il caso di dirlo». Per questo il farmacista critica la decisione della Fofi di chiedere ai farmacisti di sospendere le loro attività solo in caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per Covid-19. «Prevenire è meglio che curare», conclude la lettera.

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