Il presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti italiani, Andrea Mandelli, è intervenuto il 19 ottobre 2015 al Consiglio nazionale dello stesso organismo, presso l’auditorium dell’Unicef, a Roma. Il senatore ha iniziato la propria relazione ricordando Giacomo Leopardi, scomparso nei mesi scorsi, ed è quindi entrato nel merito della situazione attuale della professione (e non solo). Riportiamo di seguito una sintesi di alcuni passaggi dell’intervento.
«La sanità italiana continua a presentare uno scenario caratterizzato da un costante sottofinanziamento. Come ha sperimentato ogni singolo settore del Servizio sanitario, mancati adeguamenti corrispondono a un taglio dello stanziamento: già basterebbe l’invecchiamento della popolazione a determinare una crescita annuale della spesa, a cominciare da quella della farmaceutica territoriale. Del resto lo stesso Governo, nella nota di aggiornamento del DEF ha reso manifesta questa tendenza. Invariabilmente, ogni qual volta si affronta questo nodo vengono riproposti i temi della spending review e dei costi standard, che però rischiano di diventare un feticcio, visto che concretamente non si vede nemmeno quali siano le linee di indirizzo dell’applicazione della spending review in campo sanitario. Merita attenzione l’ultima misura sul prontuario contenuta nel Dl enti locali, che ridefinisce il prezzo di riferimento non più per singolo principio attivo ma per raggruppamenti terapeuticamente assimilabili. Soprattutto valuteremo quali effetti potrà avere un’ulteriore riduzione dei prezzi non soltanto sull’economia e la funzionalità del comparto, a cominciare da quelle della rete delle farmacie. Non mi riferisco soltanto al valore medio della ricetta SSN, ormai in calo da tempo, ma anche alle difficoltà di approvvigionamento per le singole farmacie. Ormai sono tantissimi i colleghi che lamentano le costanti difficoltà per ottenere questa o quella specialità che, quando anche non è dichiarata mancante, è comunque carente in una o più aree del paese. Divaricare ulteriormente il prezzo italiano rispetto a quello in vigore negli altri paesi europei non contribuisce certo a rendere il nostro un mercato appetibile».
«In un settore che ogni anno vede contrarsi i finanziamenti, è intervenuto il disegno di legge per il mercato e la concorrenza. Ora il provvedimento è stato assegnato alla sola Commissione Industria del Senato e non anche alla Commissione Finanze come invece avvenuto alla Camera. L’articolo 32, quello che si occupa della distribuzione del farmaco è immutato rispetto al testo uscito dalle Commissioni, che avevano introdotto alcuni emendamenti. In sintesi si prevede l’incompatibilità tra la partecipazione alle società titolari di farmacia e l’esercizio della professione medica, e si stabilisce l’incompatibilità tra la qualità di socio e le attività svolte nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia e qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato. È stata però eliminata l’incompatibilità tra la partecipazione alle società e l’attività svolta nel settore dell’intermediazione del farmaco, cioè la distribuzione intermedia. Ho detto nell’ultimo Consiglio nazionale, quando insieme abbiamo analizzato il Ddl, che lo schema originario dell’articolo 32 era scheletrico, inadeguato a disegnare in modo coerente un’autentica rivoluzione dell’assetto del servizio farmaceutico. Oggi il quadro è stato precisato almeno per quanto riguarda il capitolo delle incompatibilità, visto che rimarrebbero quelle relative all’attività nella produzione farmaceutica e alle professioni sanitarie abilitate alla prescrizione. È venuta meno quella con l’attività di grossista ma, come avevo già detto, era un’innovazione cui ha spianato la strada anche la legge 248/2006, che ha concesso al titolare di farmacia la possibilità di operare anche come grossista. Il modello che ne esce è assai più vicino a quello della Gran Bretagna, o di Belgio e Olanda, che non a quelli che prevedono limiti all’integrazione, come l’Austria o l’Ungheria o a quelli che pongono dei limiti al peso del socio di capitale all’interno della compagine titolare o, ancora, prevedono come obbligatoria la presenza tra i soci della componente professionale».
«Un’altra questione che rimane a oggi insoluta è la possibilità che vengano a crearsi posizioni dominanti. Se in Gran Bretagna il raffronto tra farmacie indipendenti e grandi catene vede un sostanziale equilibrio numerico, la Norvegia a seguito della riforma del 2001, ha subito la concentrazione dell’85% delle farmacie nelle mani di tre società multinazionali della distribuzione intermedia e la legge, dal canto suo, prevede un tetto alla concentrazione piuttosto alto: nessun soggetto può possedere più del 40% delle farmacie norvegesi. Anche questo è un aspetto a oggi non affrontato, eppure è fondamentale soprattutto per il cittadino che a parole si dice di voler favorire attraverso le liberalizzazioni. Gli studi condotti finora segnalano che la deregulation non ha aumentato il numero delle farmacie nelle aree rurali, e che l’integrazione verticale, in particolare con società di distribuzione, apre la possibilità che il distributore tenda a privilegiare le “sue” farmacie nella fornitura dei medicinali, potendo creare situazioni di reperibilità non uniforme di questo o quel farmaco. Allo stesso modo non è dimostrato un calo della spesa farmaceutica pubblica e/o privata, in particolare per il farmaco da banco. In ultimo, si assiste a uno spostamento del focus dell’attività dal farmaco etico agli altri prodotti non farmaceutici».
Mandelli ha quindi parlato del ruolo del farmacista nel sistema orientato alla salute pubblica, di farmaci innovativi, di prezzi di riferimento, e ha ripercorso i risultati della ricerca I-MUR (di cui FarmaciaVirtuale.it ha parlato ai propri lettori). L’intera relazione è disponibile sulle pagine di FarmaciaVirtuale.it.
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