Con sentenza pubblicata il 7 maggio 2025, il Consiglio di Stato ha parzialmente accolto un ricorso presentato dagli eredi del titolare di una farmacia situata in un’area periferica, contro l’istituzione di due nuove sedi farmaceutiche. La controversia, durata quasi un decennio, riguardava la legittimità di una deliberazione comunale che aveva autorizzato l’apertura delle farmacie in una zona con un ridotto rapporto abitanti/farmacia. Gli appellanti contestavano la carenza di analisi demografiche aggiornate e l’assenza di una motivazione dettagliata sulla scelta della localizzazione. L’amministrazione regionale, rappresentata in giudizio, aveva eccepito l’improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione di atti successivi di pianificazione.

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Le questioni procedurali e l’esito del giudizio

Il Collegio ha respinto l’eccezione di improcedibilità, ritenendo che i successivi provvedimenti regionali non avessero inciso sul nucleo della controversia. È stata invece dichiarata l’inammissibilità di alcuni documenti prodotti in appello dall’amministrazione regionale, per mancata giustificazione del ritardo nel deposito. La sentenza ha confermato l’irricevibilità del ricorso avverso l’atto regionale di indizione del concorso, considerato tardivo. Gli appellanti avevano sostenuto la nullità del provvedimento per inesistenza dell’oggetto, argomento giudicato infondato in quanto l’atto regionale presupponeva una futura istituzione delle sedi.

Implicazioni per la programmazione del servizio farmaceutico

L’annullamento della deliberazione comunale si fonda sulla mancanza di un’adeguata istruttoria e su una motivazione insufficiente. Il Collegio ha evidenziato l’assenza di dati demografici aggiornati e di una valutazione equilibrata tra esigenze di servizio e sostenibilità economica delle nuove farmacie. La scelta di localizzare le sedi in un’area periferica, seppur giustificata genericamente con esigenze di collegamento territoriale, non è stata supportata da analisi specifiche sulla popolazione residente o sul potenziale flusso stagionale. La sentenza lascia all’ente locale la possibilità di riaprire il procedimento, previa acquisizione di elementi istruttori congrui. Il principio messo in luce dai magistrati è chiaro: l’autorità pubblica deve garantire un bilanciamento verificabile tra interesse collettivo e tutela degli operatori economici.

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