Cosa devono fare i farmacisti nel caso in cui, in un gruppo di partecipanti ad un concorso in forma associata, uno dei componenti decida di farsi da parte, non aderendo all’accettazione della sede offerta? A fornire una risposta è Maurizio Cini, presidente dell’Associazione scientifica dei Farmacisti italiani, che spiega di aver ricevuto molte richieste di parere a riguardo: «Il buon senso – spiega – avrebbe senz’altro suggerito di stendere un accordo, anche informale, prima di partecipare al concorso nel quale prevedere delle soluzioni nel caso si verificassero situazioni almeno prevedibili. Nella maggior parte dei casi questo non è stato fatto, anche nell’ipotesi di gruppi formatisi senza che i componenti si conoscessero personalmente o, addirittura, sulla base di scambi sui social network».
Cosa succede a questo punto? «La conseguenza principale consiste nella richiesta di danni ai rinunciatari da parte dei partecipanti determinati a mantenere ferma la propria scelta, accettando la sede assegnata. Le motivazioni dei rinunciatari possono essere di vari ordini quali, ad esempio, una valutazione negativa sulla localizzazione della sede e, soprattutto, sulla sua sostenibilità economica. Si pensi che si sono presentati gruppi anche di sette partecipanti. Altro, più che comprensibile motivo è quello di avere ottenuto una posizione lavorativa stabile e, quindi, irrinunciabile». Ma dunque, si chiede Cini, è tutta “colpa” dei partecipanti che non sono stati ad aspettare la conclusione delle procedure relative ai concorsi? «Direi di no, perché, come si sa, le colpe non stanno sempre solo da una parte. L’articolo 11 del decreto legge 1 del 2012, convertito nella legge 27 dello stesso anno, recita testualmente: “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad assicurare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la conclusione del concorso straordinario e l’assegnazione delle sedi farmaceutiche disponibili e di quelle vacanti”. Il termine per l’assegnazione scadeva quindi il 25 marzo 2013. Un anno si poteva anche aspettare, considerarono i partecipanti anche se con un po’ di ingenuità. Ora però stanno per scattare i tre anni da quando le sedi avrebbero dovuto essere assegnate (si noti che la regione Campania non ha ancora nominato la commissione giudicatrice)».
Pertanto, di fronte a tale situazione, il presidente dell’Asfi osserva che «sembra legittimo chiedersi fino a quale punto la legge sia costituzionalmente legittima nella parte in cui non ha previsto, e disciplinato, la rinuncia dei partecipanti in caso di ritardo nella conclusione del concorso e nell’assegnazione delle sedi. Un’occasione per sollevare la questione di legittimità costituzionale potrebbe essere l’eventuale azione civile per il risarcimento del danno, chiesta da un concorrente “superstite” in seguito alla rinuncia degli altri partecipanti. Ma, forse, anche qui il legislatore potrebbe mettere una “toppa” agli imperdonabili errori del governo Monti e del Parlamento allora in carica che ha approvato il testo».
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