concorso-straordinarioQuattordici regioni hanno pubblicato il bando del concorso straordinario ed in tutte i termini per la presentazione delle domande sono scaduti. Rimane la Valle d’Aosta che lo pubblicherà il 2 aprile per solo due sedi, mentre l’Umbria dopo molti tentennamenti lo ha pubblicato e scade il 18 aprile. Le restanti 3 regioni (Campania, Molise, Basilicata) e le due province autonome di Trento e di Bolzano per il momento tacciono, nonostante nella regione Basilicata il bando dovrebbe essere pronto, ma non esce tanto da avere provocato alcune interrogazioni parlamentari per avere notizie.

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Finora le commissioni che sono reperibili sui siti regionali sono quelle di: Liguria, Lazio, Toscana, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Sicilia. Delle altre non si ha notizia, né si trovano sul sito delle rispettive regioni tra gli atti approvati, né sui Bollettini Ufficiali. Della regione Veneto sono venuto in possesso di copia del decreto dirigenziale ma non ancora reso pubblico.

Tra le sei regioni, delle quali ho reperito la composizione delle commissioni, ve ne sono alcune che non hanno certo agevolato la ricerca, come la Toscana per la quale ho dovuto telefonare per farmi mandare il testo completo della determina non accessibile liberamente sul Bollettino.

Concorso straordinario, perchè poca trasparenza?

Ma perché così poca trasparenza? Sicuramente in alcune regioni le commissioni non sono ancora state nominate, e allora perché tanto ritardo? La legge, conosciuta come “Cresci Italia”, prevede all’art. 11, che le commissioni siano nominate entro trenta giorni dalla pubblicazione dei bandi e cioè in coincidenza con la scadenza dei bandi stessi. E allora perché la Lombardia e l’Abruzzo, per citare le due più ritardatarie, non hanno ancora reso disponibili i bandi? Mi si potrà obiettare che “cercando bene” sul sito la commissione sarebbe “saltata fuori”. Ma allora perché renderne difficile la divulgazione? Tale situazione provoca così solo senso di diffidenza, di sospetto, alimenta il timore di “inciuci” tra titolari e regioni, soprattutto nelle regioni Toscana e Marche dove l’elemento esterno al sistema, e cioè il professore universitario, è stato rimosso dalla composizione delle commissioni con una norma che definirei “staliniana”. E poi, nelle altre regioni dove il professore è rimasto, con quale criterio è stato scelto tra quelli che il regolamento concorsuale stabilisce possano fare parte delle commissioni? In assenza di un metodo ufficiale, si sarebbe dovuto procedere, anche qui con un sistema improntato alla trasparenza, come ad esempio un’estrazione tra i “papabili” che avessero dato la propria disponibilità. E invece no. Leggendo i nomi, in un clima di diffuso sospetto, vengono immaginate scelte sulla base delle conoscenze personali, dell’amicizia o altro.

Infine un altro aspetto. Le commissioni, una volta nominate, dopo avere verificato l’assenza tra i concorrenti di candidati incompatibili per parentela o altra affinità che determinerebbe l’obbligo di rinuncia da parte del commissario, debbono approvare i criteri comportamentali nella valutazione di quei titoli che non hanno, nel regolamento concorsuale, una valutazione precisa ma che è lasciata alla discrezionalità della commissione fissando solo il punteggio massimo. Le regioni infatti, nei bandi, hanno inserito anche due tipologie di titoli non compresi nel regolamento e cioè i master e i dottorati di ricerca. A quali titoli quotati verranno equiparati? Il voto di laurea verrà valutato attribuendo un punteggio dal 66/110 alla lode, oppure solo partendo da una votazione qualificata? Ebbene tali criteri, una volta stabiliti dovrebbero essere resi pubblici a pena di alimentare ulteriori sospetti e contribuendo a squalificare oltre ogni limite il concorso così concepito.

Prof. Maurizio Cini

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