La European federation of pharmaceutical industries and associations (Efpia) ha lanciato un appello alle istituzioni, sottolineando la preoccupante riduzione della quota europea delle attività di ricerca e sviluppo dedicate ai farmaci. Quota che, secondo la Federazione, è diminuita di un quarto in 20 anni e continua a decrescere. Il dato emerge da un report che l’Efpia ha commissionato a Charles River Associates per indagare i fattori che influenzano la collocazione degli investimenti in prodotti biofarmaceutici in Europa rispetto ad altre regioni del mondo, con particolare riferimento a Stati Uniti, Giappone e Cina. Commentando i risultati dello studio in una nota, l’Efpia avverte che «le opzioni discusse dai responsabili politici nel contesto della strategia farmaceutica dell’UE non sono sufficienti per affrontare le preoccupazioni e migliorare l’attrattività dell’Europa». La Federazione evidenzia anche che «gli europei si trovano ad avere un minore accesso a nuovi farmaci e una minor capacità di prendere parte a sperimentazioni cliniche rivoluzionarie, poiché la ricerca e lo sviluppo di nuovi trattamenti si spostano sempre più verso settori più ambiziosi delle scienze negli Stati Uniti e in Asia».

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Europa sempre meno competitiva, specie nei farmaci innovativi

Lo studio realizzato da Charles River Associates mette in luce una riduzione del ruolo europeo, non solo per quanto riguarda gli investimenti in ricerca e sviluppo farmaceutici, ma anche gli studi clinici e la produzione manifatturiera. «La situazione è più grave per i prodotti medicinali per terapie avanzate,» – specifica l’Efpia – «come terapie tissutali, geniche e cellulari, utilizzate per prevenire e curare condizioni rare, inclusi alcuni tumori, area in cui predominano gli Stati Uniti e la Cina». Secondo i dati, nel 2002 gli investimenti in ricerca e sviluppo negli Stati Uniti superavano quelli europei di 2 miliardi di dollari, ma tale cifra è salita oggi a 20 miliardi. Inoltre, sul totale degli investimenti in ricerca e sviluppo effettuati negli Stati Uniti, in Europa, in Cina e in Giappone, solo il 31% riguarda l’Europa. Questa percentuale è diminuita costantemente dal 41% del 2001, mentre la Cina è passata dall’1 all’8%.

L’appello espresso dall’Efpia

Il report analizza le criticità riscontrate nell’area europea e suggerisce alcuni interventi politici che potrebbero essere messi in pratica dai governi nazionali o a livello di Unione Europea. Tra le principali raccomandazioni per affrontare le aree problematiche, l’Efpia segnala la necessità di «incentivare lo sviluppo nell’Ue di centri di innovazione veramente di livello mondiale, migliorare le capacità end-to-end e il finanziamento dell’innovazione rivoluzionaria, ripensare le politiche della catena di approvvigionamento per attirare gli investimenti per prodotti medicinali per terapie avanzate, sostenere l’innovazione mediante l’attuazione di meccanismi di accesso anticipato, compresa la generazione e l’uso di prove del mondo reale». La Federazione sottolinea inoltre l’importanza di «stimolare la trasformazione digitale dell’UE e sostenere lo sviluppo delle capacità digitali, promuovere l’adozione di politiche di approvvigionamento e tariffazione sostenibili, sviluppare politiche e collaborazioni europee a più lungo termine (15-20 anni) per creare stabilità per attrarre investimenti biofarmaceutici».

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